Marco Lupo e Antonio Patella. Stando alle carte dell'indagine della Procura di Catania, sono loro i due volti puliti della macchina amministrativa. Che si sono messi di traverso al progetto di ampliamento dell'impianto dei Paratore. Nonostante le minacce. «Noi non facciamo provvedimenti illegittimi»
Discarica di Melilli, alla Regione c’è anche chi dice no Pressioni sul dirigente: «Messaggi dal Parlamento»
«Questi di Cisma sono pericolosi, avevano in tasca un’autorizzazione da 30 milioni di euro. E io gli ho detto che la Via (la valutazione d’impatto ambientale ndr) non c’è! Quindi sono incazzati fortemente e mi hanno fatto arrivare messaggi da tutto l’universo mondo politico». Nella torbida storia di mafia, rifiuti e corruzione scoperchiata dalla Procura di Catania e che vede indagate 26 persone, c’è anche chi dice no.
Stando alle carte dell’indagine, in questa vicenda la parte pulita della macchina amministrativa della Regione Sicilia ha il volto di Marco Lupo e Antonio Patella. Il primo direttore del dipartimento Rifiuti fino al gennaio del 2015, il secondo suo collaboratore. Sono loro, nel 2013, a mettersi di traverso al progetto di ampliamento della discarica Cisma di Melilli, voluto da Antonino e Carmelo Paratore, i due imprenditori titolari di fatto dell’impianto e accusati di associazione mafiosa.
Il progetto di allargamento viene presentato nel 2011; due anni dopo la Cisma deposita anche un’istanza per eliminare il vincolo territoriale che imponeva di accettare solo i rifiuti provenienti dall’Ato Siracusa. Richieste su cui si esprime positivamente il dirigente Gianfranco Cannova (secondo gli inquirenti a libro paga dei Paratore), che dà il via libera alla ricezione di circa 1 milione di metri cubi di rifiuti, senza avviare l’iter per una nuova Valutazione di impatto ambientale.
Ed è proprio su questo punto che Lupo e Patella sentono puzza di bruciato e stoppano la pratica, convinti che per ampliare la discarica serva un nuovo procedimento di Via. Un ostacolo inatteso che i Paratore avrebbero provato a superare attivando tutte le loro influenti amicizie, «ricorrendo – sottolineano gli investigatori – a traffici di influenze illecite, incontri con politici nazionali, minacce indirette ai funzionari, contatti con il pubblico ministero di Siracusa».
Lupo confida a Patella di aver ricevuto forti pressioni, «da tutto il Parlamento», esprimendo anche il timore che possano inventare accuse infondate. «Quando qualcuno gli rompe i coglioni, loro ti denunciano dicendo che gli hai chiesto dei soldi o che sei pedofilo. Comunque io me ne sono fottuto il cazzo e gli ho dato il diniego».
Ma nonostante tutto, i due funzionari continuano a non cedere. «È una forzatura», si lamenta Patella che confessa di essere convinto che «Cannova ha preso soldi». Il braccio destro di Lupo, anche di fronte al timore di una causa per danni, va avanti. «Perché arrivati ad un certo punto – dice Patella al suo superiore – uno affronta la questione della richiesta di risarcimento, ma noi non facciamo provvedimenti illegittimi, poi voglio vedere se hanno ragione».