L'accordo è stato trovato: il 23 aprile gli elettori sceglieranno chi candidare alla presidenza della Regione. Ma tra i soggetti che hanno stretto il patto non tutti sono convinti che possa durare a lungo. Per Fabio Granata, vicino a Nello Musumeci, «vanno tenute distinte le due tornate elettorali»
Primarie del centrodestra, in molti sono scettici Tra mal di pancia e il caso Palermo che divide
C’è scetticismo, ma bisogna provarci. Sono in tanti – nel day after dell’annuncio delle primarie siciliane del centrodestra per scegliere il candidato alla presidenza della Regione – a non credere fino in fondo nella neonata coalizione moderata.
Allo stesso tavolo siede oggi chi si è sfidato cinque anni fa all’ultimo voto, aprendo le porte di palazzo d’Orleans alla rivoluzione annunciata da Rosario Crocetta. Nello Musumeci da una parte (che ottenne il consenso del 25 per cento dei siciliani), Gianfranco Micciché dall’altra (15 per cento alle scorse elezioni). Chi sarà il nuovo candidato, questa volta, lo deciderà il popolo del centrodestra, che a partire dal prossimo 6 marzo potrà registrarsi online o nelle sedi di partito per votare alle primarie di coalizione. Molti i commenti critici sui social di chi ci spera ma non sa se questa unione ritrovata possa essere duratura. E se in tanti riconoscono in Totò Cuffaro il «catalizzatore di energie» che è riuscito a far sedere attorno allo stesso tavolo, «in nome del buonsenso», chi fino a ieri si salutava a stento se si incontrava per strada, i dubbi che questo equilibrio precario possa venire meno sono tantissimi.
Proprio ieri, a caldo, era Fabio Granata (#diventeràbellissima) ad augurarsi sui social che le primarie «si facciano prima… delle Regionali». E come lui tantissimi tra simpatizzanti ed ex amministratori locali hanno sollevato il timore fondato che questo capitolo possa chiudersi con un nulla di fatto. Intanto il Movimento di Musumeci incassa un obiettivo importante, quella consultazione popolare più volte richiesta che piomberà in piena campagna elettorale per le Amministrative. La speranza, secondo molte voci provenienti dal centrodestra ma che preferiscono restare nell’anonimato, è quella di rilanciare la partecipazione e arginare la «deriva grillina dell’elettorato».
Una scelta che permetterebbe, secondo Granata, di «andare ben oltre il perimetro del centrodestra tradizionale per individuare il candidato migliore della Sicilia che non si riconosce nelle alchimie del Pd e nel governo farlocco e fallimentare di Crocetta. Ma alle primarie del 23 aprile – sottolinea ancora – non si sceglierà soltanto un candidato presidente della Regione, ma anche un’idea di Sicilia: noi puntiamo su un’ambiziosa ma necessaria politica di rigenerazione urbana, ambientale e culturale che riesca ad esaltare quella Sicilia della qualità e della consapevolezza che, dai settori produttivi a quelli culturali, non ha attualmente rappresentanza politica». Insomma, il centrodestra punta a un nuovo «patto sociale che, ricucendo le ferite materiali e immateriali degli ultimi anni, faccia ripartire occupazione, speranza e qualità della vita».
Di mezzo c’è Palermo. Lì l’accordo raggiunto con Ferrandelli non trova la condivisione dell’intera coalizione. Al contrario, Fratelli d’Italia andrà al voto con un proprio candidato (che secondo rumors potrebbe essere sostenuto anche da Noi con Salvini), mentre il movimento di Musumeci (che, per la verità, resta comunque più radicato nella parte orientale dell’Isola) si tira fuori dai giochi. «Certamente – ammette Granata – Palermo rappresenta uno scenario difficile, ma dobbiamo avere la capacità di tenere distinte le questioni, pur consapevoli dell’importanza delle Amministrative palermitane, dove non solo non siamo disponibili a seguire strategie altrui, ma dove il rapporto con le forze autonomiste, civiche e di destra va preservato come valore e scelta di campo».