Per il pm del processo sulla trattativa Stato-mafia uno spostamento con una procedura straordinaria legata solo a ragioni di sicurezza sarebbe un atto di «resa personale e istituzionale che non intendo dare»
Giustizia, Di Matteo rifiuta trasferimento «Lasciare sarebbe un segnale di resa»
«Non sono disponibile al trasferimento d’ufficio». Così il pm Nino Di Matteo del processo sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia, nonostante gli allarmi scattati nei mesi scorsi che evidenziavano rischi per la sua incolumità, ha rifiutato la proposta del Csm di lasciare Palermo per «motivi di sicurezza». Nonostante la vita del magistrato sia diventata blindatissima ormai da tempo, con il massimo livello di sicurezza che possa essere garantito, Di Matteo ha scelto di rimanere nel capoluogo siciliano. «Accettare un trasferimento con una procedura straordinaria connessa solo a ragioni di sicurezza – ha aggiunto – costituirebbe a mio avviso un segnale di resa personale e istituzionale che non intendo dare».
«La mia aspirazione professionale di continuare a lavorare sulla criminalità organizzata trasferendomi alla Dna si realizzerà eventualmente solo se e quando sarò nominato in esito a una ordinaria procedura concorsuale», ha aggiunto Di Matteo. La pratica per il trasferimento d’urgenza, pendente davanti alla terza commissione del Csm, è stata aperta nei mesi scorsi, dopo le rivelazioni del pentito Vito Galatolo che ha parlato di un progetto di attentato. Il livello di protezione predisposto per Di Matteo, soprattutto dopo le dichiarazioni intercettate in carcere del boss Totò Riina, è massimo.
A ottobre il procuratore di Palermo, Francesco Lo Voi, ha segnalato al Consiglio Superiore della Magistratura nuovi episodi che metterebbero in pericolo la sicurezza del pm e la terza commissione ha riaperto il fascicolo convocandolo. A Di Matteo è stato proposto il trasferimento alla Dna, che oggi il magistrato ha rifiutato. Di Matteo ha però, nelle scorse settimane, presentato domanda per partecipare al concorso ordinario per sostituto della Direzione Nazionale Antimafia su cui il Csm dovrà pronunciarsi all’inizio del prossimo anno.