L'associazione ambientalista compie 30 anni e mette la Sicilia al centro delle azioni per celebrare l'evento. Martedì scorso l'intervento sulla piattaforma a largo di Pozzallo. Adesso il contributo all'isola che, secondo gli attivisti, «permetterà ai cittadini di risparmiare circa 200mila euro»
Greenpeace dona impianto fotovoltaico a Lampedusa «In Italia cala l’energia elettrica prodotta con il sole»
I primi 30 anni Greenpeace li festeggia con un’azione e un dono che vedono protagonista la Sicilia. La nota associazione ambientalista nei giorni scorsi, attraverso la propria nave Rainbow Warrior, è entrata in azione nei pressi della piattaforma piattaforma Vega A, al largo di Pozzallo. Qui – a circa 12 miglia dalle coste siciliane – dovrebbe sorgere a breve una struttura gemella, la Vega B, che è già stata autorizzata a livello ministeriale. Ma gli attivisti di Greenpeace non ci stanno, e martedì scorso hanno approfittato della bella giornata di sole per inscenare una protesta pacifica.
Prima uno di loro, a bordo di un gommone volante munito di deltaplano, ha aperto uno striscione con la scritta Go solar; successivamente un altro attivista, questa volta su un paramotore, ha aperto un secondo striscione con il messaggio Accendiamo il sole. Una contrapposizione, quella tra combustibili fossili e impianti fotovoltaici, che non è casuale. «Il governo aveva dichiarato che non ci sarebbero state più trivellazioni in mare entro le dodici miglia – spiega Alessandro Giannì, direttore delle campagne Greenpeace -. Ma basta andare sul sito del ministero dell’Ambiente per vedere come le compagnie energetiche abbiano chiesto la Valutazione di Impatto Ambientale su nuovi otto pozzi e già quattro sono quelli autorizzati. Renzi – continua Giannì – aveva inoltre dichiarato di voler ottenere entro la fine della legislatura il 50 per cento della corrente elettrica proveniente dal fotovoltaico, invece siamo uno dei rari Paesi in cui questa quota è diminuita. Eravamo quasi al 45 per cento e adesso siamo a poco più del 40. Noi vediamo tante chiacchiere e pochi fatti».
Non è il solo rischio energetico che, secondo Greenpeace, l’Italia sta correndo. «Anche sul carbone, che di sicuro è il peggiore combustibile a livello ambientale, siamo alle vaghe promesse – afferma l’attivista -. Molti governi europei hanno indicato date precise, quello nazionale no. Tanto che ci sono zone dove ancora si torna a parlare di carbone». Intanto l’imbarcazione ambientalista prevede come prossima tappa, dopo breve sosta a Porto Empedocle per una ricarica, l’isola di Lampedusa. Lì verrà consegnato al Comune retto da Giusy Nicolini un impianto fotovoltaico di 40 kilowatt, da installare sul tetto del Comune. Un regalo per ovviare alle lungaggini burocratiche che avevano fatto perdere, nei mesi precedenti, i contributi europei necessari alla realizzazione.
«Questo impianto – spiega Luca Iacoboni, responsabile della campagna Energia e Clima di Greenpeace – permetterà ai cittadini dell’isola di risparmiare circa 200mila euro, evitando allo stesso tempo l’immissione in atmosfera di quasi 300 tonnellate di anidride carbonica, l’equivalente delle emissioni catturare da oltre settemila e 300 alberi in dieci anni». Il costo dell’impianto, circa 30mila euro, è stato sostenuto dai cittadini che hanno aderito a una campagna di crowfunding che, nelle intenzioni di Greenpeace, avrebbe dovuto concludersi a settembre. Ma già a luglio erano stati ottenuti i soldi necessari. Un segno piccolo ma tangibile della volontà dei cittadini italiani, seppur in controtendenza con l’esito del referendum del 17 aprile, che sul tema delle trivellazioni a mare ha visto prevalere l’astensione.
Intanto nei giorni scorsi Eni ha dichiarato di non voler più realizzare la piattaforma Prezioso K al largo tra Gela e Licata. preferendo ricollocare a terra le strutture per il trattamento del gas, ed esattamente negli spazi lasciati liberi dalla Raffineria di Gela. Come interpretare tutti questi segnali? «Sul caso di Gela io sarei cauto – dice ancora Giannì -. Se uno si fa bene i conti Eni risparmia molto collegando i tubi dai pozzi a mare agli impianti a terra, certo non rinuncia alla piattaforma per spirito ambientalista. In generale non siamo solo noi a dire che si deve guardare oltre. Negli scorsi giorni anche l’amministratore delegato di Enel ha dichiarato che entro il 2050 dovremo fare a meno dei combustibili fossili».