I 60 milioni della rete del gas, gli utili delle società di proprietà del Comune, le valutazioni economiche alla base dell'alienazione di alcuni beni pubblici. Ci sono questi e altri punti nel parere con il quale l'organo di revisione di Palazzo degli elefanti dà il suo parere positivo al documento di riequilibrio economico finanziario
Piano di rientro, sì con riserve da revisori dei conti Tra partecipate, dismissioni e debiti fuori bilancio
Sì, però. Il collegio dei revisori dei conti del Comune di Catania ha consegnato il suo parere sulla rimodulazione del piano di rientro. L’esito è favorevole, ma accompagnato da diverse pagine di osservazioni. Più che suggerimenti, «necessità» alle quali fare fronte per garantire la tenuta del riequilibrio economico-finanziario di Palazzo degli elefanti. Fabio Sciuto, Francesco Battaglia e Massimiliano Lo Certo – i componenti dell’organo di revisione dell’amministrazione – mettono nero su bianco gli adempimenti richiesti agli uffici comunali. In primo luogo, per amore di semplicità, una tabella che metta a confronto le attività previste dal primo documento – quello approvato dalla giunta di Raffaele Stancanelli nel 2013 – e quelle nuove, in attesa che passino per Il Consiglio comunale. Ma c’è di più: ci sono i nuovi debiti fuori bilancio, la situazione delle partecipate, le valutazioni sulle alienazioni dei beni comunali e sulla quotazione della vendita della rete del gas.
In primo luogo c’è la questione dei debiti fuori bilancio che la giunta Stancanelli non aveva considerato e che quella guidata da Enzo Bianco, invece, è stata costretta a certificare. Una vicenda che però, scrivono i contabili, non può limitarsi alle cifre di quanto dovuto. Ma che deve contenere anche le indicazioni temporali: quando sono stati creati quei debiti? Prima o dopo l’attivazione del piano di rientro? Bisogna attivare, scrivono i revisori, «un elenco cronologico di tutti i debiti fuori bilancio». Un documento che il municipio, fino a questo momento, non aveva. E che invece dovrebbe essere necessario. Sempre di mancate indicazioni si parla quando ci si riferisce alla lotta all’evasione: secondo Sciuto, Battaglia e Lo Certo bisogna argomentare il dato fornito dall’amministrazione aggiungendo anche il trend delle attività di accertamento e riscossione delle imposte non pagate. Facendolo, precisano i revisori, se ne potrà notare l’«andamento decrescente». In altri termini: il Comune ha ridotto la sua ricerca degli evasori fiscali.
I contenziosi legali del Comune contro altri soggetti meritano un punto a parte. È vero che l’amministrazione in sede giudiziaria ha incassato alcune vittorie, ma è anche vero che «si rende necessaria una dettagliata analisi da parte dell’ufficio legale che consente di verificare il livello dei contenziosi in essere». Perché se Palazzo degli elefanti dovesse perdere cause non previste «occorre predisporre un idoneo fondo di copertura». I revisori dei conti passano, a questo punto, al secondo maxi-capitolo del piano di rientro: quello che riguarda le risorse dalle quali la giunta conta di attingere per salvare le proprie finanze. In primis: i beni comunali alienabili, cioè vendibili. E qua, dopo la polemica tra Catania bene comune e l’assessore al Bilancio Giuseppe Girlando, arriva la risposta dei revisori: «I valori espressi necessitano di una rivisitazione in termini economici in quanto non si evince l’origine della valorizzazione della proposta di vendita».
Le partecipate, la vera e propria patata bollente di questa amministrazione, arrivano in chiusura: senza che le aziende abbiano un piano di crescita industriale, i guadagni previsti restano in forse. E se non sono certi non possono contribuire a sostenere il riequilibrio finanziario del Comune di Catania. Così, suggeriscono i contabili etnei, meglio che il municipio collabori con le società di cui è proprietario. E a proposito di partecipate: la rete del gas etnea è per una parte di proprietà del Comune e per la rimanente parte di proprietà di Asec, l’azienda che si occupa di gestirne l’erogazione. Tra le attività previste dal piano di rientro c’è la vendita ai privati delle tubazioni catanesi. Prima si vende la parte del Comune all’Asec, poi l’Asec vende tutto a eventuali imprese interessate all’acquisto. Sul piatto ci sono 60 milioni di euro. Un importo che, evidenziano i revisori, è frutto solo di una «perizia di parte» e che deve essere validato da un organismo terzo prima di poter essere tenuto in considerazione così com’è.