In un reportage dettagliato, il quotidiano britannico descrive il capoluogo come una città permeata di quel fascino antico e decadente, tra palazzi ricchi e pieni di statue su trade invase dai rifiuti, paragonabile solo alla capitale cubana
Palermo raccontata dal Guardian «Bella e degradata come l’Avana»
«Un mix frizzante di cibo arabo, strade spagnole, torri normanne e incuria italiana». Non mancano le critiche nell’articolo che il Guardian, uno dei più autorevoli quotidiani britannici, ha voluto dedicare a Palermo. Un articolo tuttavia in cui l’autore, Jonathan Lorie, esprime tutta la sua meraviglia nel girare per le strade del capoluogo, rapito dalle tante contraddizioni, dai contrasti che ne sono la caratteristica principale, come i «palazzi ricchi di statue sulle facciate, su vie piene di rifiuti», o come le «strade che devono ancora essere ricostruite dopo i bombardamenti alleati della Seconda guerra mondiale».
A colpire l’autore è lo spirito retrò di Palermo, una sorta di vintage decadente che rende calzante il paragone con l’Avana. La passeggiata pomeridiana «ancora molto viva qui», gli «aristocratici che faticano con la manutenzione dei palazzi storici» in una «Italia molto vecchia, troppo», da cogliere – si legge nell’articolo – prima che cambi. Il tono diventa comunque meno duro quando il giornalista si inoltra nell’analisi in dettaglio. Solo parole di elogio per i monumenti, il percorso Arabo-normanno, quei gioielli definiti «imperdibili», tra delle strade che sembrano un set di un film perenne.
«È la conferma della visione e del progetto di una città che sa coniugare radici e ali» dice il sindaco Leoluca Orlando, che celebra l’articolo sui propri canali social. Una città «che sa uscire dall’isolamento soffocante e provinciale, che sa coniugare vivibilità e sviluppo economico; è autorevole conferma della ormai forte e crescente internazionalizzazione di Palermo e del suo riferimento come città dell’accoglienza e dei grandi flussi turistici». Unica imprecisione, notata da molti lettori, tuttavia, l’utilizzo del termine arancino, declinato al maschile. Peccato veniale, che però in città molti sembrano restii al perdonare.