Battute finali per l'inchiesta che vede coinvolti undici presunti mafiosi e il direttore di Telejato, che insieme ai suoi legali, Bartolo Parrino e Antonio Ingroia, si dice quasi certo che in breve si giungerà al processo. Procedimento che attendono con fiducia: «Un’eventuale archiviazione lascerebbe tutti con l’amaro in bocca»
Operazione Kelevra, la Procura chiude le indagini Maniaci: «Sono sereno, voglio il rinvio a giudizio»
La Procura di Palermo ha chiuso le indagini partite dall’operazione Kelevra, che vede coinvolti undici indagati accusati, a vario titolo, di associazione mafiosa ed estorsione aggravata: dai membri delle famiglie Salto e Giambrone, agli affiliati Petruso, Frisina e Toia. Finito nel vortice dell’indagine anche il direttore di Telejato, Pino Maniaci, accusato di estorsione ai danni di Gioacchino De Luca e Salvo Lo Biundo, rispettivamente sindaci di Borgetto e Partinico, e contro un ex assessore di Borgetto. «Aspettavamo questo momento. Adesso finalmente potremo visionare tutto il materiale probatorio e capire esattamente quali sono le prove che la Procura ritiene di avere raggiunto» spiega a MeridioNews Bartolo Parrino, legale insieme ad Antonio Ingroia di Maniaci. L’avvocato commenta anche la notizia di stampa che avrebbe lasciato intendere una nuova accusa nei confronti di Maniaci per diffamazione. «Non abbiamo capito come mai siano state riunite cose che francamente non avevano alcuna attinenza fra loro», prosegue Parrino, riferendosi alle numerose denunce per diffamazione a carico del giornalista, ma in fascicoli diversi. Dubbi a parte, il legale è quasi certo che verrà chiesto il rinvio a giudizio per il suo cliente. «Siamo in attesa. Vogliamo chiarire ogni cosa, abbiamo tutto l’interesse a farlo e speriamo che la situazione si risolva nel più breve tempo possibile», conclude.
È dello stesso avviso anche Pino Maniaci. «Potrebbero chiedere l’archiviazione, ma non succederà nella maniera più assoluta, perché la Procura non farà mai marcia indietro – dice il giornalista – Io a questo punto voglio essere giudicato, perché un’eventuale archiviazione lascerebbe tutti con l’amaro in bocca e con la non chiarezza. Voglio andare a processo e chiarire punto per punto le accuse contestate. Sono sereno e tranquillo, andiamo avanti e vedremo quello che succede». Apprende ieri la notizia della chiusura delle indagini, ma ai sospiri di sollievo seguono subito amare riflessioni: «È diventato tutto una sorta di grande calderone», commenta a MeridioNews. Il riferimento è non solo all’accostamento con undici indagati per mafia, ma anche all’atteggiamento dimostrato dai colleghi giornalisti, contro i quali non esita a puntare il dito come fatto nei mesi scorsi. «Stanno tutti alimentando quel secchio di fango e quella virulenza partiti dalla Procura contro colui che si è permesso di rompere quel cerchio magico», dice. Convinto più che mai di pagare il fatto di avere indagato con la sua televisione sul tribunale di Palermo e i suoi giudici.
E anche Maniaci torna sull’agenzia battuta nelle scorse ore che, a proposito dell’indagine Kelevra, lo definisce «sotto inchiesta con le accuse di estorsione e diffamazione». «I colleghi mettono insieme cose non legate fra loro per minare la mia immagine e quella di Telejato. L’accusa di diffamazione non c’entra nulla – dice adirato Maniaci, che aggiunge – Io ho 314 querele per diffamazione, ma che c’entra citarle giusto oggi nell’ambito di questa operazione? La vedo come una macchinazione precisa e puntuale per continuare a screditarmi. Dove vogliono arrivare?». Non si frena Maniaci e, con la tipica enfasi che lo contraddistingue, prosegue convinto con la sua ipotesi: «Può una Procura covare vendetta e covarla in maniera così chiara e veemente?», si domanda il giornalista, che ironizza anche sull’eventualità del rinvio a giudizio: «Aspetteremo l’udienza, ma nel frattempo i miei avvocati potrebbero chiedere di essere sentiti. Speriamo però che il giudice non sia qualche amico della giudice Silvana Saguto».