Nelle scorse udienze, i periti chiamati in causa dalla corte d'assise hanno sostenuto che Valentina Pilato non era in grado di intendere e volere. Di diverso avviso i consulenti del Gip, secondo i quali la donna era affetta da un disturbo di adattamento che non ne avrebbe inficiato la lucidità
Abbandonò la figlia in un cassonetto, chiesti 21 anni Procura: «Capace di intendere, premeditò omicidio»
Chiesta la condanna a 21 anni e 2 mesi di carcere per Valentina Pilato, la mamma che gettò la figlia appena nata nel cassonetto il 24 novembre 2014. Per la procura, la donna era capace di intendere e premeditò l’omicidio. Nelle scorse udienze, i periti chiamati in causa dalla corte d’assise – Francesco Bruno e Maria Pia De Giovanni – hanno sostenuto che Valentina Pilato non era in grado di intendere e volere. Secondo quanto stilato nelle relazioni si liberò della piccola come si fa di «un oggetto pericoloso che la mente della madre si rifiuta di considerare un figlio».
Di diverso avviso i consulenti del Gip, secondo i quali la donna sarebbe stata capace di intendere e volere perché aveva un disturbo di adattamento che non ne avrebbe inficiato la lucidità. Di parere diametralmente opposto i periti della difesa. Inizialmente i pm avevano contestato alla giovane mamma il reato di infanticidio, l’imputazione, però, è stata poi modificata. Pilato ha raccontato che non sapeva di essere giunta già al nono mese, credeva di essere al settimo. Avrebbe nascosto la gravidanza al marito perché sapeva che non sarebbe stata ben accetta e contava di riferirglielo dopo.