In un'aula consiliare con parecchie sedie occupate si è discusso del progetto per la raccolta della spazzatura in città. Il documento elaborato dalla giunta arriverà in consiglio comunale oggi, ma le associazioni che si occupano del tema sollevano una serie di perplessità. Che potrebbero diventare emendamenti
Piano dei rifiuti, il lungo elenco delle critiche L’ex direttore Cocina: «Non l’ho mai firmato»
«Nonostante quanto erroneamente indicato nella delibera, io questo piano di intervento per la raccolta dei rifiuti non l’ho redatto. Quindi, alla fine, chi lo ha fatto?». Comincia con una precisazione e una domanda l’intervento di Salvatore Cocina, l’ex direttore dell’assessorato all’Ecologia del Comune di Catania il cui contratto è stato sciolto «consensualmente» a novembre 2015. È intervenuto questa mattina nel corso dell’incontro sul futuro della spazzatura nel capoluogo etneo organizzato, in aula consiliare, dal vicepresidente del consiglio comunale Sebastiano Arcidiacono e dal consigliere Niccolò Notarbartolo. «Il piano è stato trasmesso in giunta e quindi approvato il 24 novembre, quindi dopo il mio ultimo giorno di lavoro a Palazzo degli elefanti – racconta Cocina – Credo che lo abbia firmato il direttore pro tempore Corrado Persico, sebbene ci sia scritto che ce ne siamo occupati io e il gruppo di lavoro da me costituito».
Un punto fermo in una vicenda che arriva oggi in consiglio comunale, dove è prevista la votazione sul piano di intervento. Il documento dovrà essere approvato entro il 30 giugno 2016, data in cui scadrà la proroga del contratto di servizio affidato al consorzio d’imprese Ipi-Oikos. Una fretta che era stata intimata, del resto, dal tribunale amministrativo regionale di Catania, che aveva rigettato il ricorso delle due aziende perché garantire il servizio pubblico, secondo il Tar, è più importante che salvaguardare l’interesse economico dei privati. «Ritengo che comunque i tempi fossero troppo stretti per evitare la proroga – sostiene l’ex direttore – Ma adesso il piano che si presenta deve essere un buon piano. Quello che è allo studio in questo momento può essere migliorato. Anzi, deve essere migliorato». A proporre le modifiche sono stati anche le associazioni e i cittadini che si sono ritrovati oggi nell’aula dove si riunisce il senato cittadino. E che per l’occasione contava più sedie occupate di quanto avvenga mediamente nel corso dei consigli comunali.
«Le osservazioni degli esperti del settore potranno essere trasformate in emendamenti – spiega il vicepresidente del consiglio Arcidiacono – L’amministrazione ha posto l’urgenza su questa delibera, ma noi abbiamo bisogno di più tempo e di più confronto». «Questa gara d’appalto vincolerà il futuro della città per i prossimi sette anni – interviene Notarbartolo – E basta guardare le prime venti pagine del piano per accorgersi che è basato su dati sbagliati: manca la caratterizzazione del territorio e per considerare le utenze di riferimento non è stato coinvolto l’ufficio tributi. Senza contare che ci hanno chiesto di leggere 500 pagine in venti giorni, una cosa impensabile». A rincarare la dose sul tema dei tempi è anche Sebastiano Spina, ingegnere e componente dell’associazione Zero waste Catania: «Avevamo chiesto il piano, ma ce lo hanno dato tardi», sostiene. Prima di cominciare a snocciolare una serie di migliorie possibili e di interventi da prevedere. «Con il porta a porta – afferma Spina – si può realizzare una corrispondenza diretta tra gli utenti e la raccolta effettuata dalla ditta». Si rende possibile, in altri termini, una tracciabilità reale della produzione dei rifiuti. «Un fatto che può essere sfruttato per fare sì che i cittadini paghino quella che si definisce una tariffa puntuale, in base a quanto realmente producono».
Ma tra i punti che l’attuale piano di intervento non considera ce ne sono anche altri, sui quali si concentra l’attenzione dei presenti all’appuntamento. «I cestini costano 500mila euro, queste cifre possono essere riviste? – domanda il portavoce dell’associazione. E aggiunge – La questione del compostaggio sembra essere trattata in modo piuttosto superficiale, eppure potrebbe portare parecchi benefici reali e già sperimentati in altre città». Perché lo smaltimento dell’umido non riguarda solo il compost. «Da quello si può produrre anche biometano – ricorda Giuseppe Sgroi, ingegnere e coordinatore tecnico del progetto Paes, Piano di azione per l’energia sostenibile – È un tema di grande attualità che apre moltissime possibilità dal punto di vista economico». Anche grazie agli incentivi statali. «Per ogni metro cubo di biogas prodotto si guadagnano 50 centesimi. Oltre al risparmio che deriva dal mancato acquisto di metano e dal guadagno che viene dalla vendita dell’eventuale eccedenza». «Ma questa opzione – attacca Sebastiano Arcidiacono – premette una visione di futuro che in questo piano sembra del tutto mancare». «Così, però, torniamo al punto precedente: chi lo ha redatto? Sappiamo che c’è stata una partnership con il Conai, che si occupa di imballaggi, ma che ne sanno loro dello spazzamento delle strade e del funzionamento complessivo di una città?».