Lassemblea cittadina, organizzata dalla facoltà di Lingue e letterature straniere, si potrebbe riassumere negli interventi di due oratori, accomunati, in questo caso, solo dal nome di battesimo - Mozione approvata a conclusione dell'Assemblea cittadina
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Una affollata assemblea cittadina sul futuro della scuola e dell’Università? Succede anche questo nei giorni della protesta studentesca. Almeno 500 persone – professori, precari, studenti, ricercatori – hanno partecipato al dibattito promosso dalla Facoltà di Lingue all’auditorium del monastero dei Benedettini.
Tra le moltissime voci di dissenso contro le leggi che cambieranno l’assetto dell’istruzione pubblica, spicca quella di Antonio Pioletti, docente di Filologia romanza della facoltà di Lingue. Di parere opposto, invece, Antonio Zuccaro, studente di Giurisprudenza.
Ad aprire l’assemblea sono stati il professore Attilio Scuderi (docente di Letterature comparate) e il preside Nunzio Famoso della facoltà di Lingue.
«Si tratta di un provvedimento punitivo per i giovani dell’università e della scuola»esordisce Attilio Scuderi. «Questo governo scommette sull’ignoranza, una scommessa tragica che condurrà ad avere un paese meno forte, meno civile, meno democratico. Chi ha scommesso sul No di Catania oggi ha sbagliato come dimostra la presenza di questo nascente movimento di opposizione e protesta». Un taglio dell’11,5% sul Fondo per il Finanziamento Ordinario (Ffo) nei prossimi quattro anni, il blocco del turn over e la creazione delle fondazioni universitarie sono misure che avranno effetti deleteri sul sistema universitario e scolastico; il professore di Letterature comparate aggiunge che si sta assistendo ad un “disinvestimento” su una scarsità di fondi iniziale: «Cosa porterà la creazione delle fondazioni? Se oggi le università non possono raccogliere più del 20% delle tasse universitarie, con la privatizzazione questo blocco non esisterà più».
Il preside Nunzio Famoso auspica che il Governo e con esso il ministro dell’ Istruzione Maria Stella Gelmini si aprano veramente ad un dialogo: «Bisogna fermare i provvedimenti, che stanno andando ancora per la loro strada, e discuterne. Queste leggi creeranno danni irreparabili nel mondo della formazione».
Si susseguono diversi interventi a seguito delle parole del Preside. A partecipare non sono stati soltanto i docenti delle università, ma anche docenti delle scuole, ricercatori, studenti, sindacalisti. Tutti ad ascoltare e a partecipare alla discussione che porterà ad una mozione che verrà presentata e letta durante l’assemblea generale indetta dal rettore Antonio Recca il 5 novembre.
Luciano Zuccarello (Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia) spiega come il compito del suo istituto sia fondamentale per il monitoraggio a livello locale e nazionale, anche alla luce della stretta collaborazione con la Protezione Civile. « All’Ingv di Catania sono presenti 170 unità: il 50% di loro sono precari». Nella peggiore – ma più realistica – delle ipotesi l’attività di sorveglianza diminuirebbe, sperando che l’attività vulcanica dell’Etna si adegui al taglio del personale. Un dato che Zuccarello mette in luce è l’alta specializzazione raggiunta da molti ricercatori; questa formazione di primissimo livello non permette loro, paradossalmente, di potersi impiegare altrove. L’unica soluzione quindi è quella di andare via, nonostante l’investimento che lo stesso Stato ha profuso nell’istruzione di questi giovani.
Elio Impellizzeri, docente di matematica del liceo catanese classico “Mario Cutelli” afferma: «Un taglio di 8 miliardi di euro nell’arco di quattro anni alle scuole non può assolutamente passare come un positivo emendamento di risanamento delle scuole, quando queste avrebbe invece bisogno di più investimenti da parte dello Stato». Conclude poi con veemenza: «Che non si azzardino a toccare il sistema di istruzione pubblica. Si faranno male!».
Lillo Fasciana della Cgil è molto duro nel suo intervento: «Questo Governo sta operando una inversione nella scala dei beni valoriali facendo tornare le scuole a quaranta anni fa; dietro il progetto di rimettere a posto i conti finanziari dello Stato c’è anche il chiaro intento strategico di fare diventare la scuola pubblica una scuola classista. Se è vero che questo governo scommette sull’ignoranza noi dobbiamo allora scommettere sulla conoscenza».
Stesse prese di posizione da parte dei rappresentanti del mondo sindacale.
Unica voce fuori dal coro è quella dello studente di Giurisprudenza Antonio Zuccaro. La sua opinione è stata impopolare, almeno a giudicare dai fischi che hanno accompagnato il suo ritorno al posto.
Secondo Zuccaro, durante l’assemblea si è data una informazione errata sulla natura stessa delle fondazioni, in quanto «le singole università potranno scegliere se istituirsi come fondazione di diritto privato. Ci potrebbero essere dei miglioramenti all’interno degli atenei stessi» continua. «Non sono questi i metodi (riferendosi alle proteste in corso in questi giorni, ndr) che miglioreranno la cultura. Non è corretto costringere a utilizzare un gioco-forza contro quei pochi che vogliono fare lezione a dover subire la scelta di molti che vogliono bloccare la didattica. Ho assistito a scene in aula dove per scelta della maggioranza si sono interrotte le lezioni. Alcuni miei colleghi matricole avrebbero invece voluto che ciò non accadesse. Mi domando se con questo atteggiamento che non tiene conto della minoranza favorevole al continuo delle attività didattiche possa ancora considerarsi uno stato di democrazia».
L’intervento di Antonio Pioletti, ex Pro-Rettore dell’Ateneo catanese infiamma la platea: «Al di là della terminologia siamo in presenza di un disegno organico di attacco diretto al diritto allo studio a favore di tutti senza distinzioni sociali e di reddito. Il 5 novembre, all’assemblea indetta dal Rettore, dobbiamo chiedere sia al Senato accademico catanese sia al Rettorato una presa di posizione che non sia ambigua com’è adesso. Sarebbe stato giusto dire che l’inaugurazione dell’Anno Accademico non la facciamo per protesta e non perché non ci sono i soldi!».
«C’è in gioco qui la difesa e il potenziamento del sistema pubblico. Se si dovessero attuare questi tagli – prosegue – ci aspetterebbero numeri chiusi e programmati, una limitazione della quantità e della qualità dell’offerta formativa, tasse più elevate».
Le tanto temute fondazioni, non sono viste di buon occhio per una semplice ragione: «Sono sotto il controllo del ministero dell’Economia e quello dell’Istruzione, per i quali contano solo le conoscenze produttive. Tutto il resto si taglia. Condivido il messaggio degli striscioni che ho visto in questi giorni “Noi non vogliamo pagare la vostra crisi”».
Non manca anche una profonda critica al sistema universitario: «in Italia c’è un certo modello di scuola, quindi ci sono i tagli. Chi è responsabile, oggi si trova qui, in quest’aula. Siamo qui perché non ci piace ogni forma di spreco, di privilegio, di nepotismo. Non ci piace che in una facoltà come Medicina il 40% dei docenti porti lo stesso cognome. Non ci piace che l’Ateneo paghi 60mila euro al quotidiano “La Sicilia” per una pagina sull’università nella quale non c’è nemmeno un rigo su questa assemblea». Standing ovation per lui e un avviso per chi non è qui stasera: se non si dovesse aprire un tavolo di discussione, il 30 ottobre i prof. di Lingue e quelli che vorranno aderire procederanno a un blocco della didattica in concomitanza con lo sciopero nazionale.