Cala la popolazione residente nel capoluogo siciliano. Fulvio Vassallo Paleologo, docente di Diritto d'asilo, avverte: «Come i ragazzi italiani, anche i migranti cercano città con prospettive più concrete». La Spina, sociologo: «Perse centinaia di posti di lavoro ancor prima dello scoppio della crisi»
Residenti e immigrati in fuga da Palermo «Entro 2050 il Sud perderà milioni di persone»
Palermo lentamente si svuota. Chi viene a vivere nel capoluogo siciliano, nella maggior parte dei casi viene da altre città italiane e solo in minima parte dall’estero. A dirlo sono i dati diffusi dagli uffici Statistica del Comune. Sono 9.398 gli immigrati, in diminuzione del 10,8 per cento rispetto al 2014. Sono diminuiti sia gli immigrati da altri Comuni italiani (7.804, in diminuzione del 9,8 per cento) che gli immigrati dall’estero (1.594, in diminuzione del 15,3 per cento). In termini di composizione percentuale, l’83 per cento di chi sceglie di vivere a Palermo proviene da altri Comuni del territorio nazionale, mentre il 17 per cento dall’estero. In aumento rispetto al 2014 per quanto riguarda il primo dato; in diminuzione per il secondo.
«Come se ne vanno i ragazzi italiani, così anche gli immigrati che hanno lasciato la propria casa si spostano verso Stati e città con prospettive di lavoro più concrete – spiega a MeridioNews Fulvio Vassallo Paleologo docente di Diritto di asilo e statuto costituzionale dello straniero dell’università di Palermo -. Non è soltanto un dato che riguarda Palermo, ma è un dato su scala nazionale, siamo all’interno di quel trend». Nonostante il calo, Palermo si conferma comunque tra le città dalle maggiori opportunità di integrazione e accoglienza. Basti guardare alla gestione dei flussi migratori.
«Sul fronte degli sbarchi – continua Paleologo -, sicuramente ha avuto un atteggiamento più civile e meno militare di altre città siciliane come Catania e Agrigento. La diminuzione degli immigrati c’è sicuramente, ma alcune comunità come i tamil sono rimaste molto presenti. Palermo offre ancora delle possibilità». Rimane il fatto che bisogna lavorare ancora sull’integrazione: «Si nota l’emergere di una deriva xenofoba – conclude Paleologo -, sopratutto in alcune situazioni di crisi. Sul fronte di diritti come quello alla casa o al lavoro si crea una concorrenza tra palermitani e migranti che non contribuisce a una convivenza sana, ma anzi a situazione di contrapposizione».
Tornando sul fronte della popolazione residente, al 31 dicembre del 2015 si attesta a 674.435 abitanti. Rispetto al 2014 si è registrata una diminuzione di 4.057 unità. Registrati ben 12.727 emigrati, in aumento dell’1,8 per cento rispetto al 2014. Più in particolare, gli emigrati verso altri Comuni italiani sono aumentati dello 0,6 per cento, attestandosi a 10.421 unità. Quelli verso l’estero, che già nel 2014 avevano fatto registrare un sensibile incremento sia in valore assoluto che in termini percentuali (+173,8 per cento), rispetto al 2014 sono ulteriormente cresciuti, passando da 2.141 a 2.306 (+7,7 per cento).
Sul fronte della composizione della popolazione Palermo si conferma città a maggioranza femminile: i residenti di sesso maschile sono 322.186, in diminuzione di 1.976 unità rispetto al 2014, mentre le residenti di sesso femminile sono 352.249, in diminuzione di 2.081 unità. «Forte emigrazione e calo dell’immigrazione non sono soltanto fenomeni di Palermo ma di tutto il Mezzogiorno. Si parla di una tendenza demografica che da qui al 2050 dovrebbe portare a una perdita in tutto il Meridione di circa 4-5 milioni di persone – spiega Antonio Lo Spina, docente di sociologia alla Luiss -. Perché si sono perse centinaia di posti di lavoro ancora prima dello scoppio della crisi, negli ultimi tredici anni si è avuto forte incremento della povertà relativa e assoluta. C’è qualche segnale di ripresa ma sono timidi segnali».
Preoccupante anche il dato della mortalità: il numero dei decessi nel 2015 è stato pari a 6.571 unità, in aumento del 4,1 per cento rispetto al 2014. «Un dato da studiare – conclude La Spina -, considerato che la tendenza generale è l’aumento della vita media, anche in considerazione del fatto che l’Italia, seppur con differenze tra le varie regioni, ha uno dei sistemi sanitari migliori del mondo».