Il piccolo borgo del Siracusano è al centro di una rivoluzione nel modo di concepire i rifiuti. Primo Comune del Meridione ad avere una casa del compost collettiva, con la tassa abbattuta. A guidarlo è il sindaco Giansiracusa: «Davanti a richieste collettive di virtuosità anche il gestore malavitoso non può fare nulla»
Ferla, dove la munnizza diventa bellezza «Educare i cittadini serve più che multarli»
Essere uno dei borghi più belli d’Italia anche grazie alla munnizza. Quello che potrebbe sembrare un paradosso, a Ferla, piccolo comune in provincia di Siracusa, è invece il segreto di un successo. Nella terra in cui la raccolta differenziata è ai minimi termini – la Sicilia è l’unica regione del Meridione ad aver peggiorato nell’ultimo anno -, dove si guarda agli inceneritori come un’opportunità, e dove è costante il ricorso alle discariche, parlare di virtuosità potrebbe apparire un modo generoso per descrivere quello che altrove è la norma. A Ferla, tuttavia, non è così.
Con i suoi 2.600 abitanti, il borgo siracusano da tempo ha intrapreso una strada ben precisa in tema di vivibilità e rispetto per l’ambiente. Con l’esperimento del Borgo Albergo – un progetto per ampliare e valorizzare l’accoglienza turistica facendo rete con gli attori presenti sul territorio – e l’obiettivo di diventare il primo comune slow d’Italia, e soprattutto con B.e.l.l.o – Bacino ecologico laboratorio lento operativo – Ferla è diventato esempio di sensibilità verso argomenti ancora oggi considerati marginali da cittadini e istituzioni.
A guidare la cittadina è Michelangelo Giansiracusa, giovane sindaco eletto nel 2011 nelle file di una lista civica. Da allora, il Comune ha compiuto diversi passi in avanti e oggi Giansiracusa viene chiamato a testimoniare la possibilità, anche per la Sicilia, di riuscire concretamente a cambiare rotta. Come accaduto nei giorni scorsi nei locali della facoltà di Giurisprudenza di Catania, dove il primo cittadino, insieme alla consulente ambientale Emma Schembari, ha tenuto una lezione nell’ambito del laboratorio d’ateneo Territorio, ambiente e mafie.
«Siamo riusciti a diventare il primo Comune del Meridione ad avere una casa del compost collettiva in un contesto normativo che al momento non contempla questa possibilità – spiega Giansiracusa -. La differenza nel nostro caso l’ha fatta la cooperazione, grazie anche al contributo di un’associazione come Rifiuti Zero, e nello specifico del suo presidente e ideatore del progetto Danilo Pulvirenti, che ci ha accompagnato in questo sviluppo». Oggi, per gli abitanti di Ferla avere a che fare con i rifiuti non è una pratica da sbrigare alla meno peggio: «Quando mi chiedono quali sono i segreti della nostra riuscita – continua – cito prima di ogni cosa la comunicazione. Comunicare bene significa educare la cittadinanza alla partecipazione, e questo ha un effetto ancora maggiore dell’aspetto sanzionatorio».
I cittadini del borgo sono consapevoli del fatto che adottare comportamenti virtuosi fa bene anche al portafogli: «Abbiamo introdotto la tariffa puntuale, ovvero la possibilità di ottenere incentivi in proporzione alla quantità di rifiuti differenziati – racconta Giansiracusa -. Il primo anno abbiamo garantito un risparmio complessivo per la comunità di 13mila euro, con sgravi che sono andati dai sei euro all’abbattimento complessivo della tariffa. A nostra volta, come ente, abbiamo recuperato le mancate entrate fiscali attraverso la vendita dei rifiuti differenziati, soprattutto la plastica».
L’esempio importante, ma comunque circoscritto a una piccola realtà, non può però far dimenticare il contesto generale: «A livello regionale i numeri sono deprimenti – ammette il primo cittadino – ma molto può essere fatto a livello locale per quanto riguarda la riorganizzazione del servizio. Nel nostro caso siamo riusciti a internalizzare la differenziata, mentre in principio il personale comunale si occupava soltanto dell’indifferenziata». Anche se l’impegno non basta se a mancare sono le strutture: «Uno dei principali problemi è la carenza di impianti, senza i quali, anche facendo sforzi, i risultati rimangono modesti. È il caso della provincia di Siracusa, che ha un livello di differenziata ancora più basso rispetto alla media regionale, perché manca un impianto di compostaggio industriale». Sul perché di queste mancanze, Giansiracusa ha le idee chiare: «È il classico caso del cane che si morde la coda: la Regione non fa gli impianti perché i Comuni non fanno la differenziata, ma a loro volta questi ultimi non si impegnano in assenza di adeguate strutture di raccolta», sottolinea il sindaco di Ferla.
Al netto dell’esigenza di sensibilizzare i cittadini, dell’opportunità di introdurre incentivi di natura economica e della necessità, per le istituzioni, di investire nel potenziamento del sistema, quel che però non va dimenticato è l’azione della criminalità organizzata. Che, più di ogni altro, ha compreso che i rifiuti possono diventare risorse. In tal senso, l’intero settore sembra non avere gli anticorpi per difendersi dalle ingerenze della malavita, con gare d’appalto plurimilionarie sempre più spesso stoppate dagli interventi di interdittive antimafia. Anche in questo caso, però, il pensiero di Giansiracusa è volto all’ottimismo: «Se si aumenta la consapevolezza nella cittadinanza che quello dei rifiuti può essere un sistema trasparente e partecipato si può fare tanto. Più il cittadino si fida dell’operato dell’amministrazione, più si dimostra disponibile a differenziare – commenta il primo cittadino -. Le società infiltrate dalla mafia? Davanti a richieste di massa di politiche virtuose, anche il gestore malavitoso sarebbe costretto a invertire tendenza. Se invece la politica accetta di parlare il suo stesso linguaggio, allora il rischio di diventare conniventi è dietro l’angolo».