Dai troppi annunci alle candidature a capitale europea. Dalla mobilità alle linee del tram vandalizzate, passando per le ztl. Senza dimenticare il difficile rapporto con lo spirito critico dei palermitani e l'intesa mai sbocciata con Palazzo D'Orleans. Le cause di un crollo verticale nei consensi, ma che non mina le sicurezze del sindaco
Orlando e quel 77esimo posto che brucia Tra promesse audaci e cittadini mai contenti
Non bastavano i problemi legati ai primi giorni di vita del tram e l’ansia per le sorti della discarica di Bellolampo, a disturbare il sonno di Leoluca Orlando ci pensa anche il Sole24ore con le sue classifiche. Secondo il quotidiano economico, infatti, il sindaco di Palermo si attesta al 77esimo posto nella graduatoria nazionale dei primi cittadini più amati, complice una progressiva perdita di consensi che, secondo le stime dell’Ipr Marketing, ha eroso di ben 22,4 punti percentuali il plebiscito di preferenze ottenuto alle ultime elezioni. Un rischio calcolato quello di non poter accontentare tutti, specie quando si riceve lo scettro del comando dal settanta per cento dell’elettorato; ma quando i numeri con il segno negativo sono così alti è lecito porsi qualche domanda. «Si vota ogni cinque anni proprio perché i sindaci possano progettare sul medio-lungo periodo, facendo a volte scelte impopolari ad inizio mandato. Il dato non mi sorprende», è la secca risposta di Orlando.
Risolta, o quanto meno sopita, la questione Gesip che pareva essere l’origine di tutti i mali, l’amministrazione ha dovuto vedersela con i problemi del quotidiano, con tutte quelle criticità che, alla fine, rendono giudicabile l’operato di un governo cittadino. E questa volta il nodo si chiamava scarsa disponibilità economica, un rapporto mai idilliaco con Palazzo d’Orleans e il rendimento non sempre sufficiente degli uomini di fiducia posizionati ovunque da Orlando, dalla giunta al cda dell’ultima delle partecipate.
Ed ecco, infine, spuntare il nodo mobilità. La politica di Orlando sta tutta in quei manifesti che recitavano con un po’ di arroganza: «Non ci scusiamo per il disagio». Bene così, le grandi opere sono necessarie in una città che vuole dirsi moderna e alla fine piacciono anche ai palermitani più scettici. Ma, se da un lato l’ostinazione paga, dall’altro è la spavalderia a risultare stonata. Come stonata suona la soppressione di linee di autobus quasi vitali per chi popola certe periferie rendono il successo sempre troppo poco appagante. E sui consensi pesa.
Gli annunci sono stati il vero tallone d’Achille di Orlando. Dalla candidatura fallimentare di Palermo a capitale europea della cultura a quella a capitale europea dello sport mentre gli impianti cittadini più che teatri di successi olimpici ricordano scenari post bellici, fino alla folle idea del maxi acquario alla Bandita. «Abbiamo attraverso tre anni di deserto – dice Orlando – un deserto fatto di aziende partecipate fallite, appalti pubblici bloccati, grandi cantieri che hanno inevitabilmente messo a dura prova la resistenza dei cittadini, servizi da far ripartire a volte da zero, difficoltà finanziarie aggravate dai tagli nazionali e regionali».
E poi ci sono i cittadini. Gli stessi cittadini che criticano la pulizia delle strade, ma poi non fanno niente per facilitare il compito della Rap. Gli stessi che criticano il tram, ma poi lo affollano facendosi i selfie a bordo. Ma anche gli stessi tra cui si nascondono coloro che hanno impiegato appena dieci giorni per estirpare la prima macchinetta dei biglietti e dodici giorni per depredare un’intera linea, tanto da rendere necessaria l’installazione di cinture metalliche a blindare le biglietterie elettroniche. Tutti figli votanti e poco collaborativi di una città che osserva e che critica.
Ne ha persi di consensi Orlando. La promessa delle ztl è stata foriera dell’ultima emorragia di critiche, ma la risposta, ancora una volta, prende la forma di un annuncio: «Dal 2016 cominceremo a raccogliere i frutti del duro lavoro di questi anni». E nonostante tutto, sempre secondo l’ormai famigerata classifica, il suo appeal resta fermo sul 50 per cento, un numero che combinato a un Pd cittadino in crisi d’identità e a un centrodestra smembrato e senza leader, conferisce al primo cittadino dell’ormai andata primavera tutto il diritto di pensare alla programmazione per gli anni a venire.