È accusato di aver «acceso e agitato un fumogeno». Per questo motivo le forze dell'ordine sono andate a notificargli l'atto nella sua abitazione. Lo avevano già fatto a febbraio, quando gli contestavano la partecipazione a un corteo No Muos. Quella volta sua madre era finita in ospedale per un attacco di panico
Proteste studenti, 17enne denunciato per fumogeno «Poliziotti in casa, notifica data a mio fratello minore»
Due volte nel giro di neanche un anno. A casa di S., 17enne catanese, la polizia si era già presentata all’inizio del 2015, per notificargli una denuncia legata a una manifestazione No Muos a Niscemi. Adesso ci è tornata, nonostante la pratica comune preveda una telefonata, per dirgli di presentarsi al tribunale dei minori per ritirare l’attestazione di una nuova accusa. E se a febbraio gli agenti avevano trovato in casa la sorellina di nove anni – che aveva poi telefonato alla madre provocandole un mancamento – stavolta gli agenti hanno consegnato il documento al fratello di S., 13 anni. «Lui invece di chiamare i miei genitori ha chiamato me. E io ho telefonato a mio padre», racconta lo studente. Che quella mattina si trovava all’occupazione dell’istituto tecnico Archimede, promossa – lì come in altri istituti superiori – dal gruppo Liberi pensieri studenteschi.
«Ieri mio padre è andato a prendere il foglio in tribunale. Mi accusano di aver acceso e agitato pericolosamente un fumogeno in viale Regina Margherita». Gli contestano di averlo fatto durante una manifestazione studentesca, lo scorso 9 ottobre. «Era una torcia rossa accesa mentre andavamo verso piazza Roma – racconta lui – E nel corso di quella manifestazione ne sono state accese altre. Durano al massimo 60 secondi». Quel fatto gli è costato una nuova comparsa delle forze dell’ordine nella sua abitazione. «Si sono presentati orientativamente intorno alle 10, era una macchina con due poliziotti. Sono saliti fino in casa». Dove hanno trovato il fratello 13enne dello studente.
«Diciamo che rispetto alla volta scorsa è andata meglio: almeno non hanno chiamato mia madre». Perché a febbraio, quando gli agenti si sono presentati alla sua porta di casa per accusarlo di essere entrato nella base americana di Niscemi assieme a migliaia di altre persone, l’avviso telefonico alla donna, mentre lei si trovava in ufficio, le era costato un attacco di panico e un viaggio in ospedale. «Lei per queste cose si spaventa – dice il ragazzo – Ovviamente non è una bella situazione. È sempre un figlio che viene trattato come un delinquente, pur non essendolo. Io le cose le faccio con la testa, ho degli ideali. Il 9 ottobre stavo protestando contro i finanziamenti pubblici alle scuole private, ma non solo. Il fatto che io sia solo uno studente non significa che io non possa essere antimilitarista e contro le guerre». Per lui giorno 11 è stato fissato l’interrogatorio.
Nel frattempo, il gruppo studentesco del quale fa parte ha organizzato una manifestazione «contro la repressione e per la libertà d’espressione», scrive Lps nell’annuncio su Facebook. L’appuntamento è per il 21 dicembre, «a un anno esatto dallo sgombero dell’occupazione dell’Archimede». In quell’occasione, la Digos è entrata nell’istituto superiore di viale Regina Margherita, trovandoci dentro 17 occupanti. Dieci minorenni e sette maggiorenni, «tutti riconosciuti e denunciati». «Anche i più piccoli di noi hanno almeno una denuncia a carico – conclude S. – È solo un modo per metterci paura. Noi, però, crediamo in quello che facciamo. E affrontiamo tutto a testa alta».