Quattro arresti per associazione a delinquere transnazionale. Interessate diverse città italiane. A fare scattare l'azione la testimonianza di una ragazza nigeriana. «Alle donne veniva promesso di cambiare vita ma poi rimanevano intrappolate», spiega il capo della Squadra mobile Antonino Ciavola
Operazione Baba-Loa contro la tratta degli esseri umani «Costrizione psicologica per indurre alla prostituzione»
«Mi avevano detto che una volta arrivata in Italia avrei studiato e poi fatto la babysitter, per mantenermi. Appena ho messo piede sul barcone ho scoperto che mi sarei dovuta prostituire». È questa la dichiarazione di una giovane donna nigeriana che fa scattare l’operazione della polizia di Stato intitolata Baba-Loa, in seguito alla quale sono partite le indagini che hanno portato la Procura della Repubblica di Catania a emettere, questa mattina, quattro fermi per associazione a delinquere transnazionale dedita alla tratta di esseri umani a carico di Ogagaoghene Ejiro Oghene detta Faith, Ogaga Oghene, Oboh Angela, Izogie Felicia Kelechi detta Eva. I primi due indiziati sono stati bloccati a Novara, mentre gli altri nelle città di Ferrara e Napoli.
A raccogliere la testimonianza della ragazza nigeriana sono stati gli agenti della squadra mobile di Ragusa, in occasione di uno sbarco di 126 immigrati nordafricani avvenuto il 14 febbraio scorso a Pozzallo. «Si tratta di una vasta organizzazione che ha coinvolto numerose ragazze», afferma il procuratore capo reggente di Catania Michelangelo Patanè.
«Una storia che prima di parlare di prostituzione racconta di una vera e propria
tratta di persone che parte dalla Nigeria, attraversa la Libia e arriva fino all’Italia», sottolinea il questore del capoluogo ibleo Giuseppe Gammino. A entrare nel dettaglio dell’operazione è il dirigente della squadra mobile di Ragusa Antonino Ciavola. Che parte dalla disamina della figura del Baba-Loa, ovvero il dato che ha fornito agli inquirenti il nome per l’azione investigativa. «È una figura religiosa tradizionale molto diffusa nelle aree non musulmane della Nigeria meridionale, e utilizza i riti voodoo». Il ruolo del Baba-Loa, così come la ritualità voodoo, è un aspetto molto importante nel merito delle dichiarazioni della vittima e testimone nigeriana. Perché proprio al
santone è affidato, secondo gli inquirenti, il compito di benedire la partenza delle donne dalla Nigeria. «Il Baba-Loa preleva peli pubici o unghia dei piedi della vittima e attraverso questo rito rende la donna psicologicamente vincolata a tutto quello che le succederà dalla partenza dall’Africa in poi. Anche perché pare le dica “Ci serviranno per pregare per te, ma tu ricordati che se non onorerai i tuoi debiti morirai”», precisa Ciavola.
«È proprio attraverso questo meccanismo di costrizione e di paura che molte vittime, una volta sbarcate in Sicilia, si trovano intrappolate nei giri di prostituzione», spiega il capo della squadra mobile di Ragusa. Le donne «venivano individuate in Africa tra le fasce più deboli. Alle stesse veniva offerta la possibilità di cambiare vita, attraverso il pagamento di un viaggio in Italia. Luogo dove, veniva loro detto, avrebbero lavorato come babysitter», interviene la responsabile per le indagini della Procura etnea Assunta Musella. Che continua: «Le ragazze, una volta arrivate in Italia, venivano prelevato anche tramite minacce e trattenute a vita in relazione al debito maturato con il pagamento del viaggio». Una cifra, quest’ultima, che si aggira tra i 25 e i 30mila euro: «Speriamo di individuare altre vittime», conclude Patanè.