Che arrivi dalla Capitale o venga pescato dai vertici della burocrazia regionale, di certo c'è che a completare il nuovo governo non sarà un politico. Ad attenderlo un momento delicato tra l'esodo dei pensionati della Regione, il difficile rapporto con i sindacati e le novità introdotte dalla legge sui Liberi consorzi
Crocetta quater, chi alla Funzione pubblica? Un tecnico da Roma o un dirigente regionale
Chi sarà il super tecnico della Funzione pubblica che Rosario Crocetta dovrà concordare, l’ultimo degli assessori del rimpasto ritoccato? Verrà da Roma, parlerà fiorentino – la lingua renziana ufficiale – o il presidente della Regione attingerà dal cerchio dei dirigenti generali siciliani, uno di quelli magari più in sintonia con il segretario generale di Palazzo d’Orleans Patrizia Monterosso?
Dopo l’esperienza di Marcella Castronovo – dirigente della presidenza del consiglio dei ministri che, dopo essere stata nominata nel 2014, lasciò l’incarico poco tempo dopo per ragioni familiari – si pensa infatti a battere la stessa strada. Siamo sicuri, d’altronde, che un tecnico preso fuori dai confini siciliani abbia modo di ambientarsi con sufficiente reattività in un periodo particolare come quello attuale, tra l’esodo dei pensionati della Regione – potrebbero essere in 4mila a lasciare – e il difficile rapporto con i sindacati sulla mobilità dei dipendenti? Senza contare la fase di adattamento della legge sui Liberi consorzi, con tanto di rattoppo seguito all’impugnativa di Palazzo Chigi che ha di fatto appiattito la riforma delle province sui dettami della legge Delrio.
Domande che rimarranno senza risposte fino al momento della designazione. Una cosa risulta, però, palesemente incongruente: nel governo del ritorno alla politica non è il caso di camuffare ulteriori spazi sotto le mentite spoglie del “tecnico”. Per dirla tutta, l’uscita di Cleo Li Calzi, Antonio Purpura e Bruno Caruso non ha fatto giustizia del lavoro svolto dai tre con programmazione e gestione dei delicati passaggi che ciascuno ha affrontato nella propria delega di governo. Affidare a personalità esterne al mondo della politica la responsabilità di gestione in un governo caratterizzato dalle assunzioni di responsabilità dei partiti è una contraddizione in termini.
Se ci saranno zone di confine tra la politica e un ruolo di coordinamento romano, tanto vale renderle esplicite e palesi: la gente apprezzerebbe di più. Se invece la scelta dovesse ricadere su uno dei dirigenti regionali, magari un direttore vicino alla pensione o una donna ai vertici della Funzione pubblica in Sicilia, allora lo scenario sarebbe persino più spiegabile. Confermerebbe ancora una volta la commistione tra cose chiare e cose che meritano di essere interpretate. Una distinzione che appassiona sempre meno gente ed elettori.