Le esequie di Salvatore Sciacchitano, detto Mirko, il giovane di 29 anni, ucciso a colpi di pistola sabato scorso, sono state celebrate oggi al cimitero dei Rotoli. Il camposanto è stato chiuso per consentire a familiari e amici, "scortati" da numerosi agenti di polizia, di dare l'ultimo saluto al giovane
«Ragioni di sicurezza», per Sciacchitano funerali privati Investigatori al lavoro, ma l’agguato resta un mistero
Niente funerali pubblici. Le esequie di Salvatore Sciacchitano, detto Mirko, il giovane di 29 anni, ucciso a colpi di pistola sabato scorso nel quartiere Falsomiele, sono state celebrate oggi al cimitero dei Rotoli. Il camposanto è stato chiuso per consentire a familiari e amici, “scortati” da numerosi agenti di polizia, di dare l’ultimo saluto al giovane. Il questore Guido Longo ha vietato i funerali pubblici per “motivi di sicurezza”, anche se la vittima dell’agguato avvenuto in via della Conciliazione non aveva alcun collegamento con Cosa nostra, ma solo piccoli precedenti penali. Così nella cappella del cimitero si è svolta una breve funzione religiosa, poi il corpo è stato seppellito in un loculo provvisorio.
Intanto proseguono le indagini per cercare di far luce sul sabato di sangue che la scorsa settimana ha gettato nel terrore un intero quartiere. Prima l’agguato a Luigi Cona, titolare della rosticceria “Al bocconcino” di via dell’Allodola, gambizzato a colpi di pistola. Qualche ora più tardi sempre a Falsomiele l’omicidio di Sciacchitano. Un’esecuzione in piena regola, con i killer, arrivati a bordo di un’auto, che non gli hanno lasciato scampo. Il colpo mortale alla testa. Nella sparatoria è rimasto ferito un 23enne che era con lui, raggiunto dai colpi di pistola all’addome. L’ipotesi privilegiata dagli investigatori resta quella di un regolamento di conti. Magari nel mondo dello spaccio di droga, che ha nel quartiere una delle sue piazze principali.
Resta da capire, però, se e come i due fatti di sangue avvenuti a poche ore di distanza l’uno dall’altro siano collegati. Chi ha sparato a Cona non voleva ucciderlo: ha mirato alle gambe. Quattro colpi di pistola, che lo hanno raggiunto tre alla gamba sinistra e uno alla destra. Poi i due si sono allontanati a bordo di una Honda SH di colore bianco, facendo perdere le proprie tracce. Un avvertimento, una lezione che Cona avrebbe dovuto ricordare per tutta la vita.
Al pronto soccorso dell’ospedale Civico agli investigatori il 32enne ha raccontato di una rapina finita nel sangue. Una versione che non convince per nulla gli investigatori, che coordinati dal procuratore aggiunto Lenardo Agueci e dai sostituti Sergio Demontis e Luca Battinieri, stanno cercando di capire se dietro l’agguato e il ferimento ci sia l’ombra della mafia. Certo è che un’esecuzione così plateale non sarebbe potuta avvenire senza un’autorizzazione “pesante”. E Cosa nostra, negli ultimi anni sempre più colpita dalla crisi economica e con le casse sempre più a secco, è tornata a fare affari con la droga, controllando le varie piazze dello spaccio. Un controllo capillare e a tappeto, in cui chi sbaglia o alza la testa va punito. In maniera esemplare.