Colpo di scena sul futuro dei nuovi enti che dovrebbero sostituire le province. Roma solleva dubbi davanti alla Corte Costituzionale su una parte della norma approvata dall'Ars. La conferma arriva da autorevoli fonti renziane in Sicilia
Il governo Renzi impugna la legge sui liberi consorzi Rischio stop a riforma Province, parola alla Consulta
La data delle elezioni è stata fissata per il 29 novembre, ma il futuro delle città metropolitane e dei liberi consorzi rischia di essere compromesso ancor prima di partire. Il governo nazionale avrebbe deciso di impugnare davanti alla Corte costituzionale la norma che istituisce e regola i nuovi enti che dovrebbero sostituire le province. La conferma arriva da autorevoli fonti renziane in Sicilia.
Proprio oggi la giunta regionale guidata dal presidente Rosario Crocetta ha deliberato il giorno delle elezioni dei sindaci metropolitani e dei presidenti dei liberi consorzi. «La scelta di tale data – ha affermato Crocetta – è legata alla necessità di rendere nota la prima applicazione delle nuove procedure e alla necessità di dare ai sindaci un periodo più ampio possibile, per consentire loro di preparare le candidature e raggiungere gli accordi necessari».
Ma potrebbe essere tutto inutile. Alcune parti fondamentali del disegno di legge verranno impugnate dal governo Renzi che avrebbe ravvisato profili di incostituzionalità. Sarà dunque la Consulta a decidere. Uno scenario che sicuramente sorride al sindaco di Palermo Leoluca Orlando, che, in base alla data scelta dal governo regionale, non potrebbe candidarsi. Uno dei requisiti per diventare sindaco metropolitano è infatti avere davanti a sé almeno 18 mesi di mandato al momento della candidatura. Periodo che per Orlando scadrà il 20 novembre, fuori tempo massimo. «Una data e una scelta politica che si commentano da sole», ha affermato in serata.
Proprio il paletto dei 18 mesi sarebbe uno dei punti su cui il governo nazionale solleva dubbi di costituzionalità. Perplessità espresse nei giorni scorsi anche dall’Associazione nazionale dei comuni italiani, guidata in Sicilia dallo stesso Orlando, che ha espresso «contrarietà verso una riforma che pur rendendo i primi cittadini protagonisti, di fatto, per una arbitraria scelta a tutela di interessi inconfessabili, ne esclude la gran parte dalla possibilità di candidarsi». Sembra che a Roma siano stati ascoltati. E adesso il nuovo stop rischierebbe di allungare i tempi o persino affossare uno dei passaggi chiave dell’annunciata rivoluzione crocettiana.