Al centro di una polemica un anno e mezzo fa per aver sollevato dubbi e denunciato alcune storture nei meccanismi del sistema di gestione del patrimonio sottratto ai mafiosi, l'ex prefetto ora in pensione spara a zero contro l'intero sistema. E chiede di fare un passo indietro a chi, quando è stato ascoltato in Commissione Antimafia, non ha posto la dovuta attenzione alle sue denunce
Agenzia beni confiscati, l’ira di Caruso «Ora però qualcuno dovrà dimettersi»
«Ora pare che le cose fossero come dicevo io». Non le manda certo a dire l’ex direttore dell’Agenzia per i beni confiscati Giuseppe Caruso che durante il suo mandato, dal 2011 al 2014, fu al centro di una feroce polemica perché un anno e mezzo fa osò parlare di storture e di una gestione poco trasparente e invocò la necessità di una riforma dell’intero sistema che ruota attorno ai beni confiscati. Accuse che lo portarono a uno scontro con la commissione nazionale Antimafia e che gli valsero l’accusa di aver delegittimato l’operato dei giudici. Oggi, dopo la vicenda giudiziaria che sta investendo il presidente della sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Palermo, Silvana Saguto, rispondendo a una precisa domanda su a chi pensasse quando, nei giorni scorsi, ha parlato di necessità di dimissioni, ha detto: «Chi ritiene di avere fatto delle cose per le quali ha sbagliato si deve dimettere ognuno nell’ambito del suo ruolo».
Pur senza alcun riferimento diretto all’attuale presidente della commissione, Rosi Bindi, il prefetto rievoca l’audizione con la presidente dell’Antimafia, ricordando di essere stato più volte interrotto mentre cercava di proporre le sue soluzioni per ovviare alle criticità. Caruso, infatti, ha denunciato da molti anni le criticità della legge sulla confisca dei beni mafiosi, ma senza alcun risultato. «Non ho fatto altro che chiedere a tutte le sedi istituzionali – ha detto – proponendo la modifica del Codice antimafia nella parte delle misure di prevenzione. Misi a punto una bozza di normativa per omogeneizzare i trattamenti economici degli amministratori giudiziari che sono diversi nelle varie regioni, suggerendo anche variabili a seconda della complessità di gestione del bene confiscato, ma – ha aggiunto – tutto rimase lettera morta».
Caruso, inoltre, è stato uno fra i primi a denunciare l’eccessiva concentrazione di incarichi nelle mani di pochi amministratori giudiziari e di certe situazioni opache. Come nel caso dell’affidamento allo studio dell’avvocato Seminara, finit assieme alla Saguto nell’inchiesta nissena, di una catena di hotel quando la sua famiglia era proprietaria di un albergo 5 stelle, «un conflitto d’ interesse palese». Caruso, infine, ha rivolto un appello alla stampa e alla politica: «Dovrebbero osservare e denunciare quel che non va, non dire, come è stato fatto, che io delegittimo la magistratura solo perché ho tolto un incarico. Io non ho delegittimato nessuno – ha concluso – non ho sparato a zero contro nessuno, semmai ho fatto presenti fatti che mi parevano inopportuni».