La pellicola tratta dal romanzo di De Roberto ha diviso la critica. A breve ne sarà presentata la versione televisiva. Cosa dobbiamo aspettarci? Ne parliamo con il critico Davide Brusà
«I Vicerè»: la tv meglio del cinema?
«I Vicerè», il film tratto dal grande romanzo di Federico De Roberto ed uscito nelle sale cinematografiche lo scorso novembre, a breve sarà presentato dalla Rai in una versione più ampia per il piccolo schermo con il titolo “I Vicerè: anche i ricchi piangono”. Regia, scenografia ed attori di questo importante lavoro cinematografico hanno ricevuto critiche piuttosto severe, anche da parte dei lettori del romanzo che hanno trovato discutibile la trasposizione che è stata presentata per il grande schermo. Cosa c’è da attendersi, adesso, da questa versione televisiva? Lo abbiamo chiesto a Davide Brusà, critico cinematografico e docente del medialab “Recensione giornalistica”.
Il film “I Vicerè” ha diviso la critica. La lunghezza del romanzo ha rappresentato sicuramente un problema che il regista ha dovuto affrontare per realizzare questa pellicola. Lei come pensa sia stato realizzato questo film?
Un film, quando è tratto da un romanzo, quasi sempre divide la critica. Quello scritto da De Roberto è sicuramente un testo difficile ed esteso. Sicuramente il giudizio negativo viene in primo luogo da chi lo ha letto. Si tratta dei cosiddetti “puristi del testo”, che avrebbero preferito una trasposizione fedele anche nel film. C’è invece un’altra parte della critica che è più propensa ad un “tradimento” del testo. Una rielaborazione del lavoro originale che comunque non stravolga completamente i dettami del romanzo. Per questo credo che sia sempre difficile compattare la critica di fronte ad simile trasposizione cinematografica. In ogni caso, c’è da registrare il buon riscontro della pellicola dal punto di vista del pubblico, che ha riempito le sale per vederlo.
Il personaggio di Consalvo è stato quello più criticato. Cosa ne pensa del suo brusco cambiamento che viene presentato forse troppo repentinamente nel film?
Come ho detto prima è difficile riuscire a costruire una sceneggiatura su un testo così complesso. Il cinema è un mezzo di comunicazione di sintesi, per cui spesso è abbastanza gravoso curare la progressione narrativa ed un approfondimento psicologico del personaggio che sia equilibrato, anche se si tratta di uno dei protagonisti. Molto spesso l’analisi psicologica dei personaggi viene affidata non soltanto alla bravura degli interpreti, ma anche alla capacità di sintesi del regista, che opera attraverso le immagini, la musica e l’atmosfera. Per quanto lo sforzo degli sceneggiatori sia stato adeguato, ci sono stati dei problemi: molto spesso non si riesce a percepire la maturazione di Consalvo. E c’è da dire che probabilmente Enrico Preziosi non era l’attore adatto a ricoprire questo ruolo. Sono convinto che per i ruoli che abbiano una caratterizzazione etnica ben specifica ci sia il bisogno di scegliere fra attori che fanno parte del contesto sociale del luogo. Non si tratta soltanto di una questione linguistica, ma anche di un fatto psicologico. E a tal proposito ho apprezzato molto il modo di recitare di Lando Buzzanca, proprio perché lui, nel ruolo del principe, essendo un siciliano, è riuscito bene sia nel linguaggio che nella introspezione psicologica.
Il film “I Vicerè” è una pellicola nata per la televisione. Crede che la versione cinematografica abbia risentito molto di questa trasposizione?
In realtà il film, essendo nato per la televisione, ha una tempistica che è sicuramente più adatta a quel mezzo. I tempi prolungati, infatti, danno allo spettatore la possibilità di comprendere meglio l’ambientazione storica e la progressione psicologica dei personaggi. Probabilmente la parte della critica che non ha apprezzato la versione cinematografica, che, per questioni di tempo ha limitato lo sviluppo delle azioni raccontate nel romanzo, potrebbe apprezzare un po’ di più la versione per la televisione.