Mario Francese racconta la surreale esperienza vissuta ieri in pieno centro, nei dintorni di via Eleonora D'Angiò. Una storia che vede protagonisti una vittima, un ladro comprensivo e un paio di mutande. «Oggettivamente non si può dire che il catanese manchi di iniziativa»
Un lettore vittima di una rapina solidale «Anche i delinquenti hanno un’anima»
Ogni giorno da lettore scorgendo le pagine di cronaca locale, mi imbatto in questo o quell’articolo che riporta di rapine. Oggettivamente non si può dire che il catanese manchi di iniziativa: se ruba alla posta, tanto vale farlo di giorno e con una ruspa, tanto chi mai vedrà qualcosa a Picanello? Le rapine ai supermercati causa caldo si fanno a viso scoperto e chi se ne frega delle telecamere di sorveglianza. Date le premesse, mentre scrivo mi chiedo perché mi sorprendo di quello che mi è successo ieri pomeriggio, anzi mi chiedo a chi può interessare di leggere dell’ennesima rapina in pieno giorno a Catania.
Sì perché ieri pomeriggio mi hanno rapinato, e lo hanno fatto alle 16.30 in pieno giorno e in pieno centro (zona via Eleonora D’Angiò), e lo hanno fatto in una maniera tanto sfacciata quanto elegante. I dettagli non sono essenziali, tanto anche a volerla fare lunga il copione è sempre lo stesso. Per una rapina servono due persone, il rapinatore e la vittima, e se fino a ora non vi siete annoiati avrete capito che il rapinatore non sono io.
La vittima generalmente è ignara e non si aspetta quello che sta per succedere, e senza studiare recitazione ero perfettamente nella parte (avrei avuto un futuro in teatro? Boh?). La vittima viene avvicinata con una scusa tipo: «Ciao ‘mpare». Oppure, magari, mentre è in moto gli tagliano la strada e lo fermano (scegliete l’opzione che vi piace di più o in alternativa quella che vi traumatizza meno, vi basti sapere che io sono un po’ traumatizzato). Mentre la vittima cerca di capire cosa succede, le distanze si riducono e il finto amico ti piazza un paio di mutande tra le mani chiedendoti un aiuto concreto. («Non mi rari soddi spicci picchi non mi ni fazzu nenti, rammi soddi di catta»).
A quel punto, forse perché stanco e seguendo il mio istinto animale alla contrattazione, mi lancio in una valutazione economica del bene che oggettivamente non vale molto. Tiro fuori dal portafoglio due euro, pensando che il tizio voglia solo sfangare la giornata. A quel punto il rapinatore, si avvicina ancora di più e mostra argomenti di persuasione più convincenti (e se qualcuno pensa ad avanzate tecniche di programmazione neuro linguistica è fuori strada, più che di pnl si tratta di argomenti taglienti).
Ricapitolando, sono a Catania nel bel mezzo della strada, in quella che nella migliore delle ipotesi è una estorsione e il tipo davanti a me continua ad inondarmi di parole e di immagini eloquenti. Se ci fosse una telecamera questa scena finirebbe dritta in un film di Quentin Tarantino, e come in un film di Quentin Tarantino ancora non si capisce se qualcuno si fa male in modo atroce oppure il cattivo semplicemente si gira e se ne va. Il tizio con la serenità di un Vincent Vega (se non lo avete fatto, guardate Pulp fiction di Tarantino e capirete tutto) mi dice: «M’pare stai tranquillo, non ti fare avviriri, non mi fari siddiari, nesci i soddi ammucciuni ca nn sa capire nenti, rammi 50 euro e a chiuremu cca, tranquillo ca non ti femmu cchiu, non facemu minchiati, rammi i soddi e finemula cca».
Il problema reale a quel punto, e chi mi conosce lo sa, è che io 50 euro nel portafoglio non li ho mai. Perché diciamocela tutta: se il tizio aveva bisogno di soldi io non è che navigo nell’oro. Quindi con disarmante semplicità gli dico la verità: «M’pare iu 50 euro nn ci ll’haiu». Lui mi guarda incredulo e mi dice: «Fammi avviriri u portafogghiu». Tiro fuori il portafoglio…lo apro…un pezzo da venti, un pezzo da dieci e due da cinque. Lui mi guarda. «Ma appiddaveru non ci ll’hai 50 euro?». Io gli rispondo: «M’pare tu i viri?». Ed ecco il finale che non ti aspetti. Prende 20 euro, mi guarda, mi dà un buffetto nella guancia e mi dice: «M’pare si misu peggiu i mia; ti salutai». E se ne va.
Onestamente non so cosa pensare e nel dubbio non penso a niente. Lo vedo allontanarsi con lo scooter, e io a rielaborare quello che è successo, e a non capirci niente, violato nella mia libertà, sotto gli occhi di tutti, ma nella più totale indifferenza, graziato da un delinquente che non se l’è sentita di lasciarmi senza soldi. E rimango lì come un cretino, come un Fantozzi qualsiasi (farsi compatire da un rapinatore ce ne vuole) con un paio di mutande che mi sono costate 20 euro, cosciente di essere stato vittima di una rapina solidale… E questa non l’avevo ancora sentita. #Simisupeggiuimia
Mario Francese