Ad essere coinvolti insieme all'articolazione catanese di Cosa Nostra sono i clan dei Casalesi e dei Mallardo. Il provvedimento riguarda 20 persone indagate di associazione mafiosa e illecita concorrenza. Sequestro da 100 milioni di euro nei confronti di dieci società che si occupano di autotrasporto. Guarda il video
Operazione antimafia nel settore trasporti Arresti in Campania, Lazio e Sicilia
Oltre
200 uomini della direzione investigativa antimafia, supportati dalle forze di polizie territoriali, sono impegnati, sin dalle prime ore del mattino, nell’operazione Gea tra Campania, Lazio e Sicilia per l’esecuzione di 20 arresti, numerose perquisizioni e un sequestro del valore di 100 milioni di euro nei confronti di 10 società di autotrasporto.
Il centro operativo Roma con il supporto delle articolazioni di
Napoli, Salerno, Palermo, Caltanissetta, Catania e Bologna sta eseguendo un’ordinanza di custodia cautelare, emessa dal giudice per l’indagine preliminare del tribunale di Napoli in cui vengono contestati i reati di associazione mafiosa, illecita concorrenza con minaccia o violenza ed estorsione.
Secondo quanto emerso a essere coinvolti sono il
clan dei Casalesi, Mallardo e Cosa Nostra catanese. In una nota degli inquirenti, coordinati dal procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli, è stato specificato che l’operazione prende spunto dalle precedenti indagini denominate Sud Pontino e Store sulla gestione monopolistica, negli approvvigionamenti di prodotti ortofrutticoli e nell’imposizione dei servizi di trasporto da e per i maggiori mercati del centro e del sud Italia. I principali centri di smistamento dei prodotti finiti nel mirino dell’inchiesta sono ancora una volta quello di Fondi in provincia di Latina, Gela in Siclia e quello di Giugliano in Campania. Un colosso con una superficie di 200mila metri quadrati con un movimento merci di un milioni di quintali ogni anno. La scorsa settimana all’interno del mercato era rimasto ferito, dopo l’esplosione di cinque colpi di pistola, il pregiudicato Domenico Panico.
Nel
2010 ad essere coinvolti nell’inchiesta erano stati il cugino e cognato del capomafia Nitto Santapaola, il boss ormai defunto Pippo Ercolano e il figlio Enzo. Quest’ultimo è stato arrestato nel mese di novembre 2014 nell’inchiesta Caronte, della procura di Catania. Gli Ercolano, imprenditori da decenni inseriti nel settore dei trasporti, hanno anche subito la confisca della Geotrans srl. L’azienda, formalmente intestata a Vincenzo e Cosima Palma Ercolano, tra le principali dell’intero sud Italia, con un fatturato da cinque milioni di euro, 120 mezzi e trenta dipendenti, secondo la ricostruzione degli investigatori «operava in maniera monopolistica grazie al peso del cognome». Determinante per la confisca era stata proprio l’inchiesta Sud Pontino e la successiva sentenza di primo grado: «Nei confronti di Enzo Ercolano non è stata emessa nessuna misura personale – aveva spiegato il procuratore Giovanni Salvi – perché non si è ritenuto ci fossero i presupposti. Ma è stato comunque disposto il sequestro della ditta applicando al padre, anche se già deceduto, la normativa che permette il sequestro di soggetto pericoloso, utilizzando elementi emersi durante l’indagine etnea Iblis».
I nomi degli arrestati: Sossio Capasso, Agostino D’Altero, Salvatore D’Altero, Raffaele Gregorio Mallardo, Raffaele Palma, Antonio Picardi, Patrizio Picardi, Luigi Terracina. Ai domiciliari: Ignazio Antignano, Nicola Antignano, Salvatore D’Alessandro, Libero Frondoso, Angelo Milione, Francesco Militato, Gianluca Oliviero, Giovanni Prataiola,Giuseppe Prataiola, Nunzio Venurso.
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L’ortofrutta è sottopagata agli agricoltori su valori che non coprono neanche i costi di produzione, ma i prezzi moltiplicano fino al 300 per cento dal campo alla tavola anche per effetto del controllo monopolistico dei mercati operato dalla malavita in certe realtà territoriali. Il business delle agromafie – rileva in una nota Coldiretti – genera un volume di affari di 15,4 miliardi. I punti più sensibili per le infiltrazioni malavitose – osserva Coldiretti – sono costituiti dai servizi di trasporto su gomma dell’ortofrutta da e per i mercati; dalle imprese dell’indotto (estorsioni indirette quali ad esempio l’imposizione di cassette per imballaggio); dalla falsificazione delle tracce di provenienza dell’ortofrutta (come la falsificazione di etichettature: così, prodotti del Nord-Africa vengono spacciati per comunitari); dal livello anomalo di lievitazione dei prezzi per effetto di intermediazioni svolte dai commissionari mediante forme miste di produzione, stoccaggio e commercializzazione»