Così ho imparato a conoscere Baraka

Amiri Baraka, uno dei maggiori scrittori afroamericani contemporanei, con al suo attivo circa venti volumi di poesia, svariati dischi, tre opere jazz, un volume di racconti e otto di saggi, per i quali ha ottenuto importanti premi e riconoscimenti letterari. Questo è quello che so adesso, dopo averci lavorato su per diversi mesi. Confesso infatti che, fino a poco tempo fa, il suo nome mi era assolutamente sconosciuto. Il mio primo incontro con la poesia di Amiri Baraka è avvenuto circa un anno fa, quando decisi di chiedere la tesi in Letteratura anglo-americana. Mi appassionava la cultura dei neri d’America e avevo letto alcune poesie di Langston Hughes, ma, su suggerimento del mio relatore, decisi di documentarmi anche su Baraka. Su internet c’è il suo sito ufficiale e da lì iniziai a scaricare alcune delle sue poesie.
La prima che lessi fu “Black Art”, un componimento che appartiene al periodo “Black Nationalist” di Baraka, quando l’autore negava e addirittura odiava tutto ciò che apparteneva al mondo dei bianchi. Fui colpito dal layout della poesia. Dopo un po’ mi resi conto che con quelle strane spaziature che intrerrompevano il verso nei luoghi più inattesi, Baraka aveva tentato di riprodurre il suono delle mitragliatrici che abbattono i nemici. Salta agli occhi anche il linguaggio duro, crudo della poesia, ricco di termini che provengono dallo slang, ma che se viene letto ad alta voce sembra quasi che lo si possa cantare. Infatti una delle caratteristiche principali della sua scrittura è quella di riprodurre sulla pagina l’oralità originaria del linguaggio poetico, ma anche e forse soprattutto la parlata afroamericana. È stata una rivelazione: da quel momento ho iniziato a leggerlo con un altro interesse, e ho deciso di scrivere la tesi su di lui.

Recentemente la mia conoscenza di questo autore straordinario non si è fermata alla sua opera. Infatti ho avuto l’occasione di incontrare Amiri Baraka durante il festival internazionale di poesia “Verso Sud”, che si è tenuto a Reggio Calabria lo scorso settembre. Qui ho assistito al suo reading, in compagnia della moglie Amina e con l’accompagnamento musicale di un trio di jazzisti locali. Ascoltare e vedere dal vivo questo artista durante una performance è stata una vera emozione. Scrive l’autore: “io lavoro con le parole e con la musica perché le parole da sole rischiano di perdere il loro valore emozionale. La musica rende le parole più accessibili, perfino più sensuali”. Ma dopo averlo visto dal vivo mi rendo conto che Baraka lavora molto anche con il corpo, con la mimica facciale e con quella gestuale, coinvolgendo nell’evento anche il pubblico, che non può fare a meno di venire trascinato dal ritmo travolgente della musica, della danza e delle parole.

Per ultimo, ho avuto anche modo di parlare con lui. Francamente, ero un po’ intimorito: un grande poeta che accetta di essere intervistato da uno studente, che per giunta conosce la sua opera da così poco tempo… Ebbene, la sua reazione è stata del tutto inattesa: mi ha messo subito a mio agio con gentilezza e senso dello humor: non appena gli ho detto che avrei fatto la tesi su di lui, mi ha detto: “Good Luck!”. L’intervista è andata avanti per una ventina di minuti, e ho intenzione di riportarla in appendice alla tesi. Ma vorrei concludere questa mia testimonianza citando quella che penso sia la sua dichiarazione più significativa:
 
FG: Mr Baraka, quali sono le persone che hanno contato di più per lei, quelle dalle quali ha tratto ispirazione?

AB: Sono ispirato da persone come Malcom X e Fidel Castro, perché entrambi lottano per cambiare il mondo…


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