Gesap, Todaro risponde alle accuse di Orlando «Mie denunce su mala gestione danno fastidio»

Giuseppe Todaro parla senza alcun problema di quello che è successo nel ‘97 e che, in queste ore, è oggetto delle critiche e delle accuse del sindaco di Palermo, Leoluca Orlando. Todaro, referente per la legalità di Confindustria Palermo, a seguito dello scandalo Helg era stato nominato vicepresidente della Gesap in attesa di ristabilire i nuovi assetti all’interno del Cda dell’ente che gestisce lo scalo aeroportuale palermitano. Durante l’assemblea dei soci dello scorso 30 giugno sono stati nominati consiglieri Tommaso Dragotto e Giorgio Di Marco sostenuti dalla Provincia, Fabio Giambrone, presidente Gesap dal 2013, e Giovanni Scalia, indicati dai Comuni di Palermo e Cinisi, e Giuseppe Todaro, indicato dal Camera di commercio e Confindustria. La partita si gioca adesso sulla scelta di presidente, vicepresidente e amministratore delegato ed è questa che sta accendendo gli animi.

Oggi Orlando ha puntato il dito contro le vicende giudiziarie di Todaro. «Risulta, a seguito di doverosi accertamenti, essere stato condannato per gravi reati. Ritengo di dovere richiamare l’esigenza che tutti i membri del Cda della Gesap – ha detto il primo cittadino – abbiano tutti i titoli anche di onorabilità. In particolare ricordo che Roberto Helg, ex presidente della Camera di Commercio, Giuseppe Todaro, responsabile legalità Confindustria Palermo, Antonello Montante, presidente Confindustria Sicilia e responsabile nazionale legalità di Confindustria, Giuseppe Catanzaro, vice presidente di Confindustria Sicilia, Santi Palazzolo, pasticciere di Cinisi, e Gaetano Virga, imprenditore di Misilmeri, sono tutti operatori economici autoproclamatisi rappresentanti della legalità. E costoro, in nome di un proclamato impegno antiracket e antimafia – ha concluso il sindaco – pretendono scampoli d’impunità o corsie preferenziali. Tutto ciò è intollerabile». 

Parole e accostamenti che non vanno giù a Todaro che a MeridioNews dice: «Orlando parla così perché è infastidito da ciò che ho detto sulla stampa a proposito della mala gestio della Gesap. Cose tutte verificabili». Ma a cosa fa riferimento Orlando quando parla di reati gravi che sono stati accertati? «I fatti risalgono al ’95/’97 – spiega l’imprenditore -. Prima ho aperto il mio capannone a Cinisi poi ne rilevai un altro a Carini. Pagavo il pizzo e questa storia è durata anni (Todaro doveva pagare 15 milioni di lire all’anno, ndr). Dietro c’era Gaspare di Maggio. Un mio cliente, in uno spazio che avevo affittato da lui, introdusse merce rubata a mia insaputa, me ne sono accorto perché venne il proprietario della merce, un mafioso della zona, e decisi di andare a denunciare». 

«Solo che, e non me ne vergogno, in quel momento ero soggiogato da Gaspare di Maggio e pagavo il pizzo per stare lì, mi ha bloccato e mi ha detto “Tua moglie è incinta, se vuoi vedere tuo figlio nascere e crescere, vattene a casa” – racconta Todaro -. Non dovevo denunciare insomma. E io così feci. Non mi vergogno di dirlo, non ho avuto la forza di morire per questa regione, non ho voluto fare il martire. Quando lo hanno arrestato io ho denunciato e mi venne detto dalla magistratura che avrei dovuto fare prima il nome di Di Maggio, perché sapevo chi c’era dietro, già un anno prima, e quindi ho dovuto patteggiare la pena per ricettazione semplice perché potevo non sapere che un mio cliente aveva merce rubata».

«Nel 2003 è stata sospesa l’esecuzione della pena – continua Todaro – e si è estinta, quindi non è mai stata trascritta: il mio casellario giudiziario è perfetto. Nel 2009 ho denunciato dei fatti noti alla cronaca, ho mandato in carcere Di Maggio e i suoi, lui ha tentato di bruciarmi il capannone sette volte, ho avuto enormi danni da centinaia di migliaia di euro e sono sotto scorta da sette anni. E però, ora sono un delinquente… forse dovevo morire? Di Maggio aveva ucciso quello che lavorava nel mio cantiere, forse Orlando non sa come stanno le cose. Mi accomuna a Virga e a Helg e non lo posso accettare. Chiedo scusa per non essere morto nel ’97 – ironizza sarcastico Todaro -. La sua è una valutazione personale, il problema è che non vuol rispondere alle due cose che ho detto di almeno venti che in questi mesi ho trovato dentro la Gesap: mala gestio, patologie. Perché Orlando non parla con gli utenti e con i dipendenti della Gesap e perché non chiede loro: “Todaro che ha fatto in questi tre mesi? Ha cambiato qualcosa?”».

«Perché Orlando non mi dice perché i lavori sono bloccati da tre anni? Perché gli appalti da sei milioni sono passati a 12 milioni? Forse perché non si fanno le gare e si fanno le procedure di somma urgenza, forse perché si fanno le deroghe, le varianti, forse quel che dico a qualcuno non va bene. Perché non risponde? Non condivide con me i problemi oggettivi della Gesap?». 

Confindustria Palermo dal canto suo fa quadrato attorno a Todaro: «Abbiamo letto le deliranti dichiarazioni del sindaco Leoluca Orlando. Dietro il grossolano tentativo di mettere il bavaglio alle denunce di Todaro su Gesap c’è l’obiettivo fin troppo chiaro del sindaco, quello cioè di sfuggire dalle precise responsabilità politiche, come è nello stile del politico di sempre – si legge in una nota -. Orlando, spiace rilevarlo, nel 2015 non gradisce ed è refrattario agli imprenditori che cercano di competere e produrre nella normalità e fanno il loro dovere di denunciare assumendosi le conseguenti responsabilità. Ci chiediamo perché Orlando taccia sugli illeciti gravi dell’aeroporto, – continua la nota – alcuni noti anche in dettaglio alla stampa, e cerchi di sviare rispetto al grave modello di gestione della spa partecipata del Comune di Palermo». Confindustria Palermo ribadisce «vicinanza» all’imprenditore Giuseppe Todaro che, «a garanzia di tutti, ha presentato alle forze dell’ordine denunce che, prendiamo atto con disagio, non piacciono ad alcuni. È necessario – conclude Confindustria – che tutti i membri del CdA della Gesap non abbiano alcuna ombra legata alla precedente e scellerata gestione».

Intanto non è escluso che Todaro quereli Orlando per le dichiarazioni fatte. 


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