Si è spento stanotte a 81 anni. È stato presidente del tribunale dei diritti del malato. Ma tutti ricordano il suo impegno per tenere in vita il presidio che proprio un mese fa ha visto la chiusura definitiva del pronto soccorso. Un suo ricordo nelle parole di un ventenne che ha condiviso con lui le ultime battaglie
Giarre: Saro Pistorio, una vita in difesa dell’ospedale «Ci ha insegnato che se ami una cosa non ti stanchi mai»
Era una domenica di gennaio del 2010 e tornavo dalla mia campagna. Un automobile mi tamponò e dovetti recarmi presso l’ospedale di Giarre per accertarmi se era tutto regolare. Andai e chiesi se potevo fare delle radiografie e la risposta che mi fu data è stata: «Si, quantomeno oggi ci siamo, domani non lo sappiamo». Lì per lì, preso anche dalla preoccupazione che potessi avere qualche contusione o lesione, non badai a quella frase, che mi sembrava solo ironica. Ma a sangue freddo percepii amarezza e timore in quelle parole: come se qualcosa andasse a rotoli. C’erano sempre voci che tutto funzionava male, che pian pianino i reparti andavano a ridursi.
Decisi di informarmi e scoprii che c’era un comitato cittadino che si stava occupando del problema. A parte me, poco più che ventenne, e qualche altro ragazzo, l’età media dei componenti era di mezz’età. Esaminata a fondo la questione, mi resi conto che saltava fuori quasi sempre un nome: Saro Pistorio.
Non era mai presente, ma era spesso menzionato, quasi come garante di un bollino di qualità. Onestamente all’inizio mi sembrava che c’era un’aura eccessiva attorno a questa figura: noi a farci il sedere e questo qui, considerato quasi una divinità, chissà dove a prodigare certezze e consigli. Su Facebook era parecchio attivo, ma aveva la foto di un leone, quindi non conoscevo il suo volto.
Una volta sotto casa di Massimiliano mi si avvicinò un vecchietto, affannato, con la stampella e l’immagine di uno che ha sempre corso nella sua vita: la sua stanchezza appariva più una virtù che una difficoltà.
«Tu si u liuneddu Andrea, vero? Saro Pistorio!».
Ricordo come se fosse stamattina cosa provai in quel momento. Mi morsi la lingua perché mi ero fatto un’idea radicalmente sbagliata di questa persona. Che a vederlo non gli daresti neanche un grammo della forza che propagava. Sì, uso il verbo propagare, perché è lo stesso che si usa per qualcosa che dà calore.
Da lì seguirono telefonate e discussioni infinite, ma soprattutto gli incredibili pomeriggi trascorsi a casa sua a Torre Archirafi, con la meravigliosa accoglienza che la moglie Marcella ci riservava. Ci perdevamo in ritagli di giornali, un archivio maestoso di fonti e notizie dell’ospedale di Giarre. Si raggiungono certe attenzioni e certe minuzie quando una cosa si fa per amore e non solo per senso civico. E Saro questo ci ha insegnato, che ad amare le cose non ti affatichi mai. Per questo lui, nonostante la veneranda età, aveva più forza di noi ragazzi. Capii che quel volto da leone era la sua reale fattezza.
Con lui capimmo anche le dinamiche che si nascondevano dietro un presidio ospedaliero sempre più depredato: strategiche chiusure di reparto, spostamenti di dottori verso altri poli e tutta una serie di cose che creavano ad arte il disservizio all’utente, elemento necessario per fare disinnamorare dell’ospedale gli abitanti di Giarre, per poi considerarlo inservibile, affinché nessuno potesse osare opporre una reale resistenza al momento della chiusura, già ampiamente palese.
Non dimenticherò mai quando suonava il telefono e lui esordiva: «Ragazzi, ci sono mille manifesti da andare a prendere in tipografia». Sì, perché lui era troppo gasato per dire: «Pronto, sono Saro Pistorio, ti disturbo?». Era più gasato di noi che la notte ci sentivamo padroni di città silenziose, appiccicando ai muri quelle parole «Salviamo l’ospedale di Giarre». Le stesse stampate su un adesivo appicicato sulla sua vecchia cinquecento. Quello era il suo modo per farci un regalo, un modo originale per farci credere nei nostri mezzi. Un effetto domino bellissimo.
Non dimenticherò mai quando eravamo invitati in radio o in diretta tv e lui irrompeva con le sue telefonate in studio a sbrodolare cose che i conduttori avrebbe volentieri censurato. Perchè se ho imparato una cosa in quei giorni è che la verità è un impiccio per chi pensa di aver nascosto tutto e bene.
Tra i vari ricordi ne ho uno che porto sempre con me. Il 10 aprile del 2010 organizzammo con il comitato una manifestazione studentesca. Giornata riuscitissima, un migliaio di presenze in piazza. Bel tempo fino a mezzogiorno, poi iniziò a venire giù qualche goccia di pioggia. La maggior parte dei presenti iniziò ad andar via. Proprio in quel momento notai annaspare in via Callipoli, che con due gocce è in grado di diventare il Simeto, un’utilitaria grigia. Accostò e scese dall’auto un signore con un ombrello, fece il giro della vettura con non poche difficoltà, e aprì lo sportello lato passeggero per far scendere la signora Marcella. Mentre le giovani generazioni se ne andavano alla prima difficoltà, i leoni scendevano in campo.
Io l’ho letta così onestamente, e lì ho capito la differenza che correva tra lui e il resto della gente che ci accompagnava in quella battaglia. Progressivamente l’ospedale di Giarre ha subito un depauperamento lento e inesorabile. In questi cinque anni si sono susseguite una serie infinita di prese in giro incredibili. Dagli incontri rassicuratori coi parlamentari, alla nascita del P.T.A. accolta in pompa magna dalla politica locale. Tutto ampiamente previsto da Saro, come aveva previsto l’inefficienza e l’inutilità di questo nuova piattaforma, con annesso scandalo nazionale.
Lentamente veniva meno ogni efficacia nella protesta, eravamo assorbiti dai nostri interessi quotidiani e da nuove mode. Tutti, tranne lui, che restava sempre vigile e critico. L’ultima volta che ci sentimmo fu due mesi fa: mi disse che si augurava che ci potesse essere una nuova ondata di protesta, ma l’unica cosa che vide fu la chiusura definitiva del pronto soccorso, fulcro vitale di ogni ospedale. Parallelamente il nostro Saro, esattamente un mese dopo, è venuto a mancare. Come se un cordone legasse lui e quell’ospedale per cui si è battuto, come se fossero fratelli siamesi.
Grazie.
Saro Pistorio, laureato in giurisprudenza, fu impiegato all’ufficio Imposte Dirette di Giarre. È stato presidente del Tribunale dei Diritti del Malato, dal quale iniziò le sue mille battaglie in difesa del presidio ospedaliero “Sant’Isidoro e San Giovanni di Dio” di Giarre. Oltre alla sua attività sociale, Saro era solito scrivere testi e poesie di certa levatura. Sempre attento agli affetti familiari, si è spento all’età di 81 anni.