Mario Biondi, un siciliano in giro per il mondo  «Figli di una terra che non sappiamo amare»

«So di arrivare a Palermo in un momento delicato, all’indomani dell’anniversario della strage di Capaci. Non ho ancora deciso se affrontare l’argomento sul palco. Mi rendo conto della fragilità di questi eventi che hanno segnato in modo irreversibile la storia della Sicilia. Un gioco del bene e del male che ha reso famosa la nostra terra. Ma l’orgoglio siciliano è una cosa che porto con me in giro per il mondo. A prescindere da tutto e da tutti».

Mario Biondi torna in Sicilia in occasione del tour Mario Biondi Live 2015. Questa sera sarà di scena a Palermo, al Teatro Politeama, prima tappa del breve giro siciliano che domani lo vedrà impegnato al Metropolitan di Catania. Un lungo tour che proseguirà con altre fermate italiane prima di spostarsi in Europa e in Asia. L’artista catanese proporrà Beyond, il suo ultimo lavoro prodotto dalla Sony Music, miscela raffinata di pop & soul caratterizzata dalla sua voce inconfondibile. Un disco poliedrico, da cui è tratto il singolo gettonatissimo Love is a temple, impreziosito dalla presenza di alcuni artisti eccezionali come D. D. Bridgewater, Bernard Butler e Dap-Kings. 

Vorrei non dimenticassimo che i palermitani siamo noi, che i catanesi siamo noi. Siamo tutti parte di una terra meravigliosa 

L’artista catanese, durante i suoi viaggi si trova spesso in posti che gli fanno tornare in mente la sua isola. «Nella nostalgia che provo nel trovarmi, ad esempio, alle Maldive – spiega Mario Biondi a MeridioNews – non posso fare a meno di pensare alla Sicilia con rammarico. Abbiamo avuto il dono di nascere in un territorio che è un patrimonio. Potremmo avere turismo di ogni tipo e fare economia su quello: regalando paesaggi meravigliosi interrotti da stralci di arte di ogni epoca e retaggi di tutte le culture che sono transitate da qui. Oggi percorro l’autostrada verso Palermo e, guardandomi intorno, vedo fabbriche e costruzioni abominevoli a ridosso del mare. A volte immagino come potrebbe essere la Sicilia ripulita dagli eco-mostri, che con la bellezza non hanno nulla a che fare». 

Una frase fatta vuole che anche la città più bella abbia tra i suoi difetti quello di essere abitata dai propri abitanti: «Palermo è bella, peccato per i palermitani. Da quando sono ragazzino sento dire questa cosa – continua l’artista – una battuta che in realtà è ricorrente in tutta Italia tra città divise dal campanilismo. Palermo non è bella, è strepitosa. Vorrei che non dimenticassimo che i palermitani siamo noi, che i catanesi siamo noi, che gli abitanti delle città siamo noi. Facciamo tutti parte di questa grande famiglia che deve ragionare sul proprio miglioramento in funzione di una terra meravigliosa. Tra gli alti e i bassi, come ogni città del sud, trovo che Palermo sia molto simile a Roma con le sue attrazioni, l’arte e la politica. Però senza l’attenzione per i dettagli, che tanto ci farebbero bene. Catania invece è un po’ la piccola Milano, con quelle pretese industriali e i più grandi centri commerciali d’Italia – il cantante sorride mentre fa questa affermazione – La cosa non è assurda?». 

Mario Biondi si ferma per un istante, giusto il tempo per riprendere fiato e aggiustare il tiro del suo pensiero. «Purtroppo questo patrimonio è stato sempre mal gestito dalla nostra classe politica. Perché d’altra parte glielo abbiamo consentito. Noi non abbiamo saputo, o voluto, fare economia sulle leve giuste. La Sicilia non è un posto qualsiasi. Non si può basare l’economia di una regione così sul cemento o sulle industrie, è da matti. Le coste siciliane sono state decretate le seconde più belle al mondo e la ricchezza storica e artistica che possediamo non è da meno. Abbiamo avuto in dono il massimo e lo trattiamo come fosse immondizia. Io sono un appassionato vero delle contraddizioni siciliane – conclude l’artista – e so che siamo capaci di essere tutto e il contrario di tutto. Ma spesso nella storia ci siamo scordati di essere su un’isola. Abbiamo riempito di cemento questa terra, rendendola una continuazione della peggiore Italia. Ormai se sento il bisogno di stare su un’isola scappo a Lampedusa». 


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