«L'azienda di Helg era fallita: a che titolo occupava quel posto?». Se lo chiede Alice Grassi, figlia dell'imprenditore nel 1991 dopo essere diventanto un simbolo della lotta al racket, in relazione al ruolo nella Camera di Commercio di Palermodi Roberto Helg, arrestato ieri per aver intascato una tangente
Caso Helg, interviene la figlia di Libero Grassi «Era rappresentante dell’antimafia di facciata»
«Ma a che titolo Helg occupava quel posto?». Alice Grassi, figlia dell’imprenditore Libero, ucciso nel 1991 per il suo impegno antiracket, interviene sul caso dell’arresto per estorsione di Roberto Helg, per anni al vertice della Camera di Commercio di Palermo, colto in flagranza mentre intascava una tangente da 100mila euro. «La sua storia – spiega – la conoscono tutti in città. L’azienda di Helg era fallita. Può capitare. Ma perché proprio lui doveva rappresentare le aziende commerciali di Palermo?».
«Non conosco le ragioni del dissesto. Dai giornali – aggiunge – ho appreso che si è difeso sostenendo di essersi trovato in difficoltà con le banche. Vuol dire che aveva avuto dalle banche il credito negato invece a mio padre. A fronte di cosa?». «La verità – sostiene Alice Grassi nelle dichiarazioni riportata dall’agenzia Ansa – è che c’è un’antimafia di facciata. Helg ne era un rappresentante. Ma è anche vero che un sacco di gente ci crede e si comporta con coerenza. Come ha fatto il pasticciere Palazzolo, che vorrei conoscere e incontrare».
Alice Grassi ricorda poi le perplessità più volte manifestate per la collaborazione di Solidaria con la Camera di Commercio nella gestione del premio intestato al padre. «Non volevo – dice – che Helg fosse il padrone di casa del premio e per questo ho ottenuto che la premiazione si tenesse in altri posti: per esempio, i licei Meli e Margherita oppure la sala De Seta».