Non sapeva se diventare regista o produttore. Così ha scelto la strada del filmmaker, cioè «di chi decide dalla sceneggiatura alla scenografia, autofinanziandosi». È Carmelo Auteri, in arte Mel Stoutman, che ha dato vita al Fico d'India western. Con Brigantony al posto di Lee Van Cleef. Guarda le foto
Il film western dagli spaghetti al fico d’India Hey Gringo, opera prima del catanese Stoutman
L’ultimo film di Carmelo Auteri nasce come una sfida verso il mondo delle grandi produzioni commerciali e verso sé stesso. Seconda pellicola di genere western dell’autore catanese, trapiantato però a Roma dal 1998, «è il primo vero e proprio tentativo di lungometraggio portato da me a compimento», confida il filmmaker. Che molto insiste sulla definizione del suo mestiere, in netta contrapposizione con quello più classico del regista. «Il filmmaker è colui che decide ogni cosa dalla sceneggiatura alla scenografia, peraltro autofinanziandosi e – va nello specifico -, il 95 per cento della pellicola è stato realizzato con i miei risparmi». Di questo raccoglie onori e oneri: «I miei lavori passati hanno partecipato a festival del cinema indipendente un po’ in tutto il mondo però spesso ho registrato atteggiamenti ostativi che mi hanno creato non pochi disagi», spiega Auteri.
Hey Gringo spara per primo o muori è un film western ambientato nelle zone rurali di Catania, Conazzo e Sferro-Catena Nuova, al quale hanno preso parte attori e cantanti etnei. La pellicola nasce dall’ esperienza di un altro film dello stesso genere di Auteri, Pozo and El Diablo: The Legend (2007). «Anche quello è stato girato nelle campagne siciliane, avrei voluto farne un lungometraggio ma mi all’epoca mi sono fermato alla versione del medio metraggio», racconta Auteri. Il film, che doveva concorrere al festival di Torino, venne fatto uscire di gara per una proiezione anticipata e non autorizzata. E non ebbe nemmeno grande successo, se non tra i più accaniti fan della versione nostrana del genere di Sergio Leone. «Il film che stiamo concludendo – prova a giustificarsi Auteri – è diverso della precedente esperienza, è più completo».
A renderlo più appetibile al grande pubblico, secondo il regista, è la poliedricità di scene e motivi, resi da tali da «diverse incursione alla trama». Infatti, la storia di Hey Gringo spara per primo o muori insiste sulla vicenda di due ex galeotti fuggiti da prigione e catapultati in una città fantasma in cui rubano l’identità a due sceriffi morti. «Ai normali duelli che ci si aspetta in un film del genere ho deciso di intervallare l’ingresso di una squadra di baseball, di un gruppo di motociclisti e di alcuni ballerini. C’è addirittura un aereo che solca i cieli», racconta Auteri. Con l’entusiasmo di un bambino che gioca con il giocattolo a lungo desiderato, conscio di aver creato un pazzo west ai piedi dell’Etna.
A prendere parte all’ultimo lavoro di Auteri sono nomi noti del mondo dello spettacolo etneo. «C’è Brigantony nei panni di uno spietato pistolero, i Color Indaco hanno realizzato la colonna sonora e – continua – i protagonisti sono Viviana Cifalà, Toni Russo, Renni Zapato, il maestro di ballo country Giuseppe Scaccianoce e la scuola di danza Etna country style line dance academy. Di grande rilievo anche il contributo del gruppo Club 59 rockers e dei Red Socks baseball club di Paternò». Tutti truccati ad arte dalla scuola di make up di Orazio Tomarchio, con la partecipazione di Damiana Poltini.
L’idea di Auteri di intrattenere il pubblico parte da lontano e ha le sue radici nella giovinezza del filmmaker. Auteri, infatti, ha svolto per molti anni le professioni di assistente alla regia e di assistente alla produzione, cercando sempre uno spazio che gli permettesse la piena espressione delle sue idee. «Ho sempre pensato che il cinema avesse un grande gap», denuncia con serietà. E subito precisa: «Non c’è nulla che sta in mezzo tra i film d’autore e il cinepanettone, soprattutto in Italia». Ed è proprio il Belpaese ad avere grosse responsabilità nei confronti della sua stessa filmografia. «A Roma il cinema cammina con la politica e a Catania il cinema non c’è proprio, e nemmeno la politica», attacca l’autore. Che conclude: «Ma intrattenere il pubblico è fondamentale perché per tutto il resto ci sono i telegiornali e le trasmissioni televisive».