I sigilli per Villa Giulia a Viagrande e Pantheon a Pedara sono scattati dopo un'indagine con una ventina di indagati per sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione. Tra questi, diversi mariti che gestivano i rapporti a pagamento delle mogli, titolari dei locali e impiegati con il compito di contare chi «giocava». Guarda le foto
Il business dei due club privé sequestrati Nonne, maestra e poliziotto per «il libero amore»
«Favorire il libero amore». Attraverso lo scambio di coppia. Rigorosamente senza scopo di lucro. Era questa la finalità dichiarata da due associazioni che gestivano altrettanti club privé sequestrati dalla polizia nel blitz di mercoledì scorso, a seguito di un’indagine in cui figurano una ventina di indagati. Ognuno all’interno dei locali aveva un compito preciso. C’era chi faceva iscrivere i soci e chi contava quante volte si giocava, un modo per indicare le prestazioni sessuali delle prostitute. Una vera e propria catena di montaggio del sesso a pagamento dove nei loro ruoli chiave si alternavano personaggi in alcuni casi insospettabili, tra cui anche un poliziotto, oggi accusati di associazione per delinquere finalizzata allo sfruttamento e al favoreggiamento della prostituzione. Locali apparentemente riservati a coppie scambiste ma che di fatto, secondo gli inquirenti, celavano un ingente business. A essere sfruttate non erano soltanto le singole prostitute, tutte di nazionalità italiana, ma anche diverse compagne e mogli degli stessi gestori.
Se nel locale fossero stati presenti quaranta singoli, la prostituta avrebbe avuto rapporti con tutti e quaranta
Entrambi i locali, Villa Giulia a Viagrande e Pantheon di Pedara, prevedevano per i soci che decidevano di iscriversi il pagamento di una quota annuale. Nel caso in cui l’ingresso avveniva in coppia si optava per un’ulteriore somma da versare per ogni serata. Diversa invece la gestione dei singoli, per i quali era previsto un biglietto che oscillava tra i 130 e i 150 euro a serata. Di coppie, in realtà, almeno secondo l’elenco dei soci, c’erano poche tracce. La maggior parte degli iscritti erano infatti uomini. Un particolare «anomalo» in un club per scambisti. A divincolarsi tra dark room, vasche idromassaggio, divanetti e letti in pelle erano diverse «coppie immagine», cioè veri coniugi ma finti scambisti, che in realtà avrebbero camuffato la prostituzione delle mogli. Doppi ruoli come quello di una titolare che allo stesso tempo si prostituiva. Per tutti useremo dei nomi di fantasia, trattandosi di persone allo stato solo indagate. «Michela – racconta una testimone agli inquirenti – saliva spesso nei privé insieme a uomini singoli». E che in alcuni casi decidevano di sfogarsi con brevi sms: «Li ho intrattenuti in acqua – scriveva una prostituta a un gestore – poi sono saliti con Antonio ma cmq sono troppo triste. Mi viene da piangere, io sono a casa».
«Se nel locale fossero stati presenti quaranta singoli, la prostituta avrebbe avuto rapporti con tutti e quaranta». Era questa la regola all’interno dei club. Dove, all’occorrenza, si cominciava alle 16 per arrivare fino a notte fonda. Il tutto in cambio di un pagamento, ricevuto dalle prostitute, di 30 o 50 euro a prestazione, con preservativi omaggio. A controllare il volume d’affari di ciascuna in uno dei due club sarebbe stato un poliziotto. Una figura di riferimento per tutti, specie nelle serate affollate, dov’era difficile controllare. «Lei ha fatto entrare a uno e mi fa, appena è uscito “era la quinta” – racconta lo stesso agente in un’intercettazione, riferendosi a una prostituta – “gioia e io cosa ti posso fare, per me non aveva giocato, io non l’avevo visto! Non è che posso vedere tutti, magari ti scappa, che spacchio ne sai!». Competenze che sarebbero state spese anche al di fuori dei club e della Sicilia, dove il poliziotto avrebbe gestito la prostituzione della moglie. «Se vado a cena poi dopo, sicuramente… lo farò – così la moglie, intercettata col marito, alluderebbe a un incontro con un cliente – È giusto che te lo dica».
Un rapporto di coppia non usuale, che preoccupava però altri impiegati dei club. Come una donna – maestra elementare di giorno – che condivideva il lavoro nel locale con il marito – in una conversazione manifestava a una titolare la sua preoccupazione per il proprio matrimonio. Dopo 13 anni di frequentazione dei club privé, pur avendo scambiato partner solo di rado, la donna aveva visto naufragare troppi matrimoni. Unioni solide, almeno dall’esterno. Quasi banali. Tra le donne che si prostituivano all’interno dei locali, ci sono nonne e madri. Che, sui propri profili dei social network, pubblicano foto di famiglia, frasi sull’amore e massime di chiesa con la foto di papa Francesco. Ma anche gite in barca e vacanze in giro per il mondo. Insospettabili, al contrario dei clienti abituali che, sempre sui social, lasciano traccia della loro partecipazione all’Orgia hydro o al Bunga bunga party. Profili che lasciano poco all’immaginazione, tra foto esplicite e riferimenti a siti di escort e incontri a luci rosse.