Sono tutti beni riconducibili all'imprenditore della provincia di Palermo Paolo Farinella, 71 anni, residente a Caltanissetta, ritenuto essere interlocutore privilegiato di Cosa nostra. Secondo gli inquirenti, sarebbe legato a doppio filo con la mafia degli appalti pubblici, di cui si sarebbe garantito più volte l'aggiudicazione
Mafia, mega-confisca da 50 milioni di euro Dieci imprese, 25 fabbricati e 350 ettari di terreni
Gli agenti della direzione investigativa antimafia (Dia) di Caltanissetta stanno eseguendo un provvedimento di confisca per circa 50 milioni di euro, 10 imprese, 25 fabbricati e terreni per un estensione complessiva di circa 350 ettari. Sono tutti riconducibili a Paolo Farinella, 71 anni, imprenditore della provincia di Palermo residente a Caltanissetta, ritenuto essere in contatto e interlocutore privilegiato di personaggi di spicco di Cosa nostra. L’operazione, sotto il coordinamento della Procura distrettuale antimafia diretta dal procuratore capo Sergio Lari, trae origine da una complessa attività di indagine giudiziaria correlata a diverse segnalazioni di operazioni bancarie sospette e scaturisce da un provvedimento di confisca emesso dal tribunale (sezione Misure di prevenzione) di Caltanissetta.
A gennaio dello scorso anno, i beni di Farinella – dislocati tra Palermo, Caltanissetta, Roma, Livorno e Catania – erano stati sequestrati dalla Dia di Caltanissetta. Al centro delle indagini, l’aggiudicazione di numerosi appalti pubblici in Italia. Secondo gli inquirenti, Paolo Farinella sarebbe succeduto al defunto cugino Cataldo – costruttore pienamente inserito in Cosa nostra palermitana, implicato con Angelo Siino nella cosiddetta mafia degli appalti – nella gestione delle imprese che furono del parente scomparso, mantenendo rapporti con personaggi di spicco dell’organizzazione mafiosa.
Oggi nel mirino della Dia c’era il feudo in contrada Mimiani, circa 300 ettari – con annessa azienda agraria e fabbricati – che in passato sarebbe stato utilizzato come riserva di caccia e frequentato «da noti esponenti di Cosa nostra siciliana, anche nel corso delle loro latitanze. Tra gli altri, Bernardo Provenzano e Giovanni Brusca». I sigilli sono stati posti a cinque società che si erano aggiudicate appalti pubblici a Gangi (Palermo), Palermo, Livorno e Roma, 25 fabbricati e terreni per un’estensione complessiva di circa 350 ettari.