Secondo il presidente Pulvirenti «non è tempo di pronostici». E certo non sarebbe generoso giudicare i rossazzurri dalla disastrosa prima di ritorno in casa del Lanciano. Ma, al di là della sconfitta per tre a zero, resta un’impressione: che i cambiamenti di queste settimane siano stati troppo timidi per invertire davvero la rotta
A Lanciano il Catania cambia, ma anche no La prima con Marcolin è un copione già visto
E insomma, se qualcuno s’aspettava che il girone di ritorno si aprisse con qualche segnale di convalescenza – non voglio dire di riscatto o palingenesi, per carità – la partita di Lanciano (dove abbiamo perso per tre a zero, e poteva andarci anche peggio) è lì a dirci che la notte è ancora lunga.
Di ragioni concrete per essere ottimisti, a dire il vero, non è che ce ne fossero molte. Le trattative per la campagna acquisti di gennaio sono ancora, in buona parte, aperte; l’infermeria è ancora popolata di un buon numero di lungodegenti; e il copione del girone d’andata – infortunio di un titolare, in questo caso Spolli, e necessità di adattare al suo ruolo un giocatore con caratteristiche diverse, che oggi è stato Belmonte – si è ripetuto ancora una volta.
Non sono pochi, è vero, i giocatori che il Catania sta trattando. E non sono pochissimi nemmeno quelli che siamo tutti impazienti di salutare, dato che fin qui non hanno fatto nulla di buono o hanno, addirittura, fatto danno. E insomma, potremmo concludere, non sarebbe generoso trarre dalla partita di oggi conclusioni affrettate circa il futuro della squadra affidata al nuovo tecnico Dario Marcolin. Per cui, se non c’era ragione di esser troppo ottimisti prima che la partita cominciasse, non dovrebbe esserci motivo di disperarsi più di tanto per come è andata a finire.
Pero, però, però. Fotografando la situazione, quale almeno ci appare dopo la prima giornata di ritorno, si ha la sensazione che le novità con cui i rossazzurri cominciano l’anno costituiscano, rispetto a due anni di conclamato disastro di squadra e società, nulla più che un pallido tentativo di riforma. Quando invece l’unica nostra speranza era quella di assistere a una pacifica, ma profonda, rivoluzione. Per esempio, è arrivato un nuovo tecnico, Dario Marcolin: allenatore preparato, esperto nella tattica, già apprezzato anni fa a Catania come vice di Mihajlovic. Ma è ancora da vedere se gli acquisti e le cessioni dei giocatori obbediranno fino in fondo all’idea di calcio di Marcolin, anziché alle alchimie finanziarie di Cosentino o alla Gea di Moggi. Il nuovo tecnico, certo, merita tutta la nostra benevolenza; ma sta di fatto che non ha avuto la forza di imporre alla società – per esempio – di liberarsi del temibile Ventrone: il preparatore atletico più temuto dai giocatori (e più amato dagli ortopedici e dai terapisti della riabilitazione).
O ancora, in società, è arrivato finalmente un direttore sportivo. Una figura di cui – mille volte lo si è detto – c’era un assoluto bisogno. Però, siccome fare questa scelta poteva significare riconoscere che chi ha avuto in mano le chiavi della società, da due anni in qua, non ha fatto altro che guai, si è detto pure che questo direttore sportivo (che si chiama Delli Carri e che, peraltro, è anche lui nel giro della Gea) farà principalmente il team manager. Il che significa, in parole povere, che a comandare continuerà a pensarci il temibile Cosentino: il manager che più sta antipatico ai tifosi (e che più sta a cuore a quei calciatori di cui, fino a ieri, faceva il procuratore).
Il Catania, insomma – limitandoci, si intende, a quanto successo fino a oggi – ha cominciato a cambiare, ma anche a restare uguale. A correggere i suoi errori, ma anche a insistere su quelli più pericolosi. A invertire la rotta, ma anche a lasciarla immutata. A riconoscere che la difesa va rafforzata, ma anche a vendere Rolin e tenersi Sauro. A puntare verso la parte alta della classifica, ma anche a precipitare sempre più in basso. Oggi ci troviamo, per la cronaca, quattro punti più in basso della quota salvezza.
Siccome un giudizio, dopo la partita di oggi, è ancora prematuro – e siccome anche il presidente Pulvirenti ha detto che questo non è tempo di pronostici – io di pronostici, oggi, non ne faccio. Anche se il modo di agire della società, a dire il vero, a qualcosa mi fa pensare. Qualcosa da cui, certo, non si può trarre alcun vaticinio sul campionato di serie B. Anche se qualcuno potrebbe prenderne spunto, che ne so, per un pronostico sulla corsa al Quirinale.