Sono peggiorate le condizioni del professionista che si è ammalato in Sierra Leone, mentre svolgeva servizio volontario per Emergency. Si è resa necessaria l'assistenza respiratoria. Dopo l'infusione di plasma di persone guarite dal virus, ha iniziato un nuovo farmaco arrivato dall'estero
Ebola, il medico catanese in terapia intensiva E’ al quarto trattamento sperimentale diverso
Sono gravi le condizioni del medico catanese colpito dall’ebola in Sierra Leone e ricoverato all’ospedale Spallanzani di Roma dal 25 novembre. E’ sedato e in terapia intensiva e si è resa necessaria l’assistenza respiratoria. Sta combattendo una durissima battaglia il professionista che aveva chiesto l’autorizzazione all’Asp di Enna dove lavora, per partire con Emergency per l’Africa e portare le sue competenze e l’esperienza maturata sul campo nel settore delle malattie infettive. Era già stato in Kurdistan con l’associazione di Gino Strada, adesso aveva scelto Lakkra, in Sierra Leone, il focolaio più sanguinoso del virus che ha già ucciso migliaia di persone.
Da quando è ricoverato allo Spallanzani, la task force che lo segue le ha provate tutte: il 2 dicembre è stato iniziato il quarto trattamento sperimentale diverso. Un farmaco appena arrivato dall’estero grazie ad una catena di supporto (in Italia dal ministero della salute, inclusa la rete degli USMAF) e di solidarietà istituzionale con l’aiuto del coordinamento internazionale per la gestione dell’Ebola dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Da ieri il quadro clinico è peggioramento, con la ricomparsa di febbre, il trasferimento in terapia intensiva e l’assistenza respiratoria. La valutazione terapeutica, ha detto il direttore scientifico dello Spallanzani, Giuseppe Ippolito, «sarà effettuata giorno per giorno, sulla base delle condizioni del paziente». Alla task force di specialisti che segue il paziente, sono stati aggiunti dei rianimatori.
Ippolito ha precisato che il passaggio al reparto di terapia intensiva è avvenuto «secondo le procedure di sicurezza, che prevedono un trasporto attraverso un isolatore che evita ogni contatto con l’esterno. Una procedura – ha continuato – già prevista per la gestione dei casi di ebola in questo istituto, ovvero senza mai rompere la continuità della protezione del paziente».
Al suo arrivo nel centro per le malattie infettive di Roma, il 25 novembre, il medico aveva subito iniziato un trattamento antivirale specifico con farmaco non registrato, autorizzato con ordinanza da AIFA, su indicazione del Ministro della Salute. Due giorni dopo era subentrato il trattamento con plasma di convalescente, cioè plasma di persone che hanno avuto l’ebola ma sono guarite. La prima infusione è arrivata dalla Spagna. La seconda, il 30 novembre, dalla Germania. In mezzo un altro trattamento sperimentale, il terzo, basato su un farmaco che agisce sulla risposta immunitaria.