Il mensile Casablanca ha subito giorni fa un grave furto presso la propria sede. Rubato il computer principale della redazione. Ancora ignoti i responsabili
Misterioso furto nella sede di Casablanca
Un membro del “Comitato per la Partecipazione e la Democrazia” ha segnalato alla nostra Redazione un fatto piuttosto grave verificatosi il 19 marzo in via Caronda 412, la sede della redazione di Casablanca. Mensile di informazione indipendente e “alternativa”, Casablanca si occupa spesso di questioni serie e delicate che vanno dal sociale alla lotta antimafia, dall’educazione alla legalità ai diritti calpestati dei cittadini catanesi e siciliani in generale.
Un furto è avvenuto durante la notte del 19: il computer principale della redazione è stato rubato da ignoti. Secondo una prima ipotesi, meno preoccupante, il computer, dotato di sistema operativo Linux e gestito da personale informatico competente, sarebbe stato sottratto senza un particolare motivo.
Dal momento che Casablanca è stato tra i promotori del “Comitato di lotta cittadino” dello scorso 7 febbraio in Piazza Spedini, una seconda e più plausibile ipotesi, invece, potrebbe essere quella di un furto programmato ed eseguito in maniera accurata per esplorare da cima a fondo l’hard-disk del giornale.
L’uscita mensile di Casablanca non è stata comunque ostacolata, ma ha subito un ritardo di due giorni nella stampa. Presto le nuove copie saranno disponibili nei consueti punti della città.
Contattata la redazione di Casablanca, ci risponde Riccardo Orioles, il direttore responsabile nonché giornalista catanese, la cui penna è stata in passato ed è tutt’oggi il vessillo del giornalismo impegnato. «Avrei preferito che avessero rubato altre cose, piuttosto che il computer… », ci confessa al telefono. Quando gli chiediamo un commento sul furto, Orioles ci risponde «Io non penso niente, a Catania è vietato pensare».
Speriamo vivamente che i sospetti sulla matrice ostruzionista e avversa alla libertà di informazione a Catania siano solo frutto delle nostre supposizioni e che nulla leghi il fatto a motivazioni di carattere intimidatorio verso un giornalismo “altro” di cui la nostra città ha estremamente bisogno.
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