Forniture di beni e servizi bloccate in 380 Comuni della Sicilia

DAL MARASMA SI SALVANO SOLO I 9 CAPOLUOGHI DI PROVINCIA. A PARALIZZARE GLI ENTI LOCALI MEDI E PICCOLI E’ IL DECRETO LEGGE N. 66 DI QUEST’ANNO CHE HA ISTITUITO LA CENTRALE UNICA DI COMMITTENZA. LE PROPOSTE DELL’ANCI

Si chiama “Centrale unica di committenza”. Riguarda le forniture di beni e di servizi nei Comuni italiani. Una novità che, in parte, è un’evoluzione di una precedente normativa. Solo che l’ultima formulazione – quella più recente, ovvero il decreto legge n. 66 di quest’anno – rischia, di fatto, di bloccare lo svolgimento delle gare d’appalto in tutti i Comuni, ad eccezione dei capoluoghi di provincia.

In Sicilia – ma non soltanto in Sicilia – in tutti i Comuni, ad eccezione dei 9 capoluoghi di provincia sta scoppiando il caos. Perché nessun piccolo o medio Comune è in grado di applicare le nuove disposizioni. Anche perché alcuni punti di questa riforma non sembrano chiari.

Nel sito LeggiOggi.it – quotidiano giuridico, politico ed economico – quello che sta succedendo viene descritto in modo molto chiaro. Si parte da un Decreto legislativo del 2006:

“La disposizione oggetto della critica – leggiamo su LeggiOggi.it – è il comma 3 bis dell’articolo 33 del D. Lgs. 12 aprile 2006 n. 163 (‘Codice dei contratti pubblici’). La stessa era stata introdotta già nel 2011 con l’obiettivo di razionalizzazione la spesa pubblica a livello locale”.

Prima di analizzare il Decreto Legge numero 66 di quest’anno appare interessante la ricostruzione operata da LeggiOggi.it

Decreto Legge 6 dicembre 2011 n. 201 articolo 23 comma 4

“Il Decreto – leggiamo su Leggi.Oggi.it – aveva introdotto il citato comma 3 bis prevedendo, per i Comuni con popolazione non superiore a 5 mila abitanti, l’affidamento di lavori, beni e servizi a un’unica centrale di committenza. Quest’ultima doveva essere costituita nell’ambito delle unione dei Comuni o attraverso un accordo consortile fra gli stessi Comuni”.

Decreto Legge 6 luglio 2012 n. 95 articolo 1 comma 4

“Il successivo Decreto Legge n. 95 – prosegue il quotidiano on line giuridico – aveva previsto due alternative, alla procedura sopra indicata, rappresentate dal ricorso a strumenti elettronici gestiti da centrali di committenza e dal mercato elettronico della Pubblica Amministrazione”.

Legge 27 dicembre 2013 n. 147 articolo 1, comma 343 (“Legge di stabilità per il 2014”)

“L’ultima Legge di stabilità, infine – prosegue LeggiOggi.it – aveva escluso dall’ambito di applicazione del citato comma 3 bis i lavori, servizi e fornitore effettuati in economia mediante amministrazione diretta. In sintesi, prima dell’intervento da parte del Decreto Legge n. 66/2014, il comma 3 bis prevedeva che i Comuni con popolazione non superiore a 5 mila abitanti procedessero ad acquisire lavori, beni e servizi utilizzando uno dei seguenti canali:

– unioni dei Comuni;

– appositi accordi consortili fra Comuni;

– ricorrendo a un soggetto aggregatore o alle Provincie;

– attraverso gli strumenti elettronici forniti da Consip S.p.A.”.

Ora è arrivato il Decreto Legge del 24 aprile di quest’anno n. 66, convertito dalla legge 23 giugno 2014 n. 89, che ha sostituito integralmente la precedente formulazione del citato comma 3 bis.

“Le differenze più rilevanti – leggiamo sempre su LeggiOggi.it – rispetto alla situazione previgente, sono:

– l’estensione dell’ambito di applicazione a tutti i Comuni non capoluogo di provincia;

– l’eliminazione della fattispecie di non applicazione della disposizione ai lavori, servizi e fornitore effettuati in economia mediante amministrazione diretta”

Così, oggi l’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici non rilascia il codice identificativo di gara ai Comuni che non rispettano le nuove disposizioni di legge.

In Sicilia – ma, ribadiamo, non soltanto in Sicilia – il Decreto legge n. 66 sta provocando il caos.

Sulla vicenda è intervenuta l’ANCI, Associazione Nazionale dei Comuni Italiani.

Secondo l’ANCI, che ha inviato una lettera al Governo nazionale di Matteo Renzi, le nuove disposizioni rischiano di causare il blocco degli appalti negli enti locali.

Da qui le proposte della stessa ANCI che si articolano in tre punti:

1) il rinvio dell’applicazione al 15 luglio del prossimo anno per evitare il caos;

2) la richiesta di note interpretative per chiarire i dubbi di un Decreto che tanti amministratori comunali hanno manifestato; 

3) escludere dalla nuova normativa le forniture e i servizi pe rimporti inferiori a 40 mila euro.

In Sicilia la situazione è drammatica. Perché il Decreto 66 di quest’anno si inserisce in un contesto di crisi provocato in buona parte dalla riduzione dei trasferimenti finanziari della Regione e dello Stato (non si capisce, ad esempio, se con l’accordo firmato a Roma dal Governo Crocetta la Sicilia abbia rinunciato a richiedere la perequazione fiscale e infrastrutturale prevista dalla legge sul federalismo fiscale e ancora non riconosciuta ai Comuni siciliani) e, in parte, dall’indebitamento degli stessi Comuni siciliani verso gli Ato rifiuti.

In questo senario si inserisce il fallimento della riforma – peraltro lasciata a metà – varata dall’Ars che ha istituito le Aree-Città metropolitane di palermo, Catania e Messina e i Consorzi di Comuni. Una riforma che i territorio, fino ad oggi, hanno in buona parte respinto.

La sensazione – ma la nostra è solo una sensazione – è che per motivi legati al risparmio di risorse finanziarie si stiano creando le condizioni per rendere sempre più difficile la vita – e quindi la stessa esistenza – dei Comuni.

 


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