I Radicali in campo per la revoca del 41 bis a Provenzano

“Con il sostegno di Marco Pannella e di almeno 150 cittadini, questo e’ per me il settimo giorno di sciopero della fame finalizzato ad interrompere la tragedia delle morti in carcere e la mancanza di cure che riguardano anche reclusi incompatibili con il regime di detenzione carceraria. Fra queste migliaia di casi e’ incluso anche il caso dell’ottantenne boss di cosa nostra Bernardo Provenzano che si trova ristretto in regime di carcere duro (41-bis) pur essendo incapace di intendere e di volere e con patologie gravissime”.
Lo afferma in una nota Rita Bernardini, segretaria di Radicali italiani. “Sebbene sia ridotto al lumicino, leggo che il tribunale di sorveglianza di Roma ha rimandato la decisione sulla revoca del 41-bis al 3 ottobre, abbondantemente superate le ferie estive. In questo modo, una parte della magistratura e lo stesso ministero della giustizia – aggiunge -, si contrappongono al giudizio di tre procure della repubblica (Palermo, Caltanissetta e Firenze) che si sono invece pronunciate per la cancellazione del ‘carcere duro’ per Provenzano. Ma non solo. Abbiamo istituzioni che, quanto al rispetto di diritti umani fondamentali, si pongono allo stesso livello di criminalita’ di coloro che affermano di voler combattere”.

Proprio oggi, il quotidiano il Garantista, ha pubblicato un intervento straziante al figlio del boss:

“Sono abituato a fare visite (non colloqui perche’ non interagisce dal gennaio 2013) separato dal suo letto con un banco di scuola, ma non posso toccarlo. A Milano (San Paolo) non c’e’ il banco fra me e il letto, come all’ospedale di Parma: c’e’ il vetro del 41 bis”. Comincia cosi’ la cronaca scritta da Angelo Provenzano di un “ordinario” colloquio col padre.

“Ti viene detto che, per portarlo li’, devono staccare la spina del materasso antidecubito: al mio buon cuore far durare la visita mensile anche meno dell’ora prevista”, dice. Il colloquio risale al 12 giugno. Il boss, ormai totalmente incapace di intendere e di volere e di comunicare, e’ ricoverato nel reparto detenuti dell’ospedale San Paolo di Milano. “Sono dietro il vetro e gli infermieri lo portano dall’altro lato della stanza. Entrano con lui due guardie del Gom: una a lato del letto, l’altra gli regge la cornetta del citofono – racconta Angelo – Lo chiamo tante volte, ma non riesco neppure ad attrarre il suo sguardo perche’ guarda il soffitto. Io sono osservato e, dopo un quarto d’ora di pugni battuti sul vetro nel tentativo di farmi guardare, sento di essere arrivato. Interrompo il colloquio, dico che va bene cosi'”.

Il figlio di Provenzano cosi’ prosegue il suo racconto: “rientrano gli infermieri e lo portano via. Poi le guardie mi ‘liberano’, mi aprono la porta. Devo rimuovere, per adesso, tutto il turbinio di emozioni: devo parlare col medico. E’ un medico diverso da quello di Parma, ma la diagnosi e la prognosi non cambiano. Se lo portiamo fuori dall’ospedale puo’ vivere 48 ore…Grazie. Abbiamo parlato di un essere vivente solo per tubi, macchine e terapie”. “Se e’ cosi’ incapace, come e’, ho il dovere di tutelarlo. Vengo nominato dal giudice tutelare di Milano amministratore di sostegno dell’incapace. Era mio padre!”


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