La mafia vista da Rossellini. Il diritto di sognare dei gelesi

“Diritto di sognare un’Italia senza mafia”. Renzo Rossellini nel suo documentario, realizzato nell’anno della celebrazione del centenario della nascita del padre, mostra i sogni di una bambina che vive a Marchitello, un quartiere periferico della città di Gela. La bambina, che frequenta un centro sociale del rione, vuole fare l’attrice e sogna di partire, di andare via, ma la realtà la invita a rimanere a casa. Il padre è in disaccordo, ma lei con coscienza e responsabilità rimane contenta perché è fortunata: “La sua famiglia è unita”.

Un regalo che Rossellini ha fatto ai bimbi di Marchitello protagonisti e registi del cortometraggio inserito alla fine del documentario che analizza la mafia in tutti i suoi aspetti. “Diritto di sognare” è infatti un documentario che parla della mafia, ma che si sofferma sulla realtà gelese.

Cos’è la mafia? La mafia è un fenomeno economico nazionale? La mafia è un fenomeno sociale? La mafia è un fenomeno politico? Come si può combattere la mafia? Tutte queste domande Renzo Rossellini le fa alle istituzioni nazionali, regionali e locali. Parla il sindaco di Gela Rosario Crocetta, parla Rita Borsellino, parlano Giancarlo Caselli e Giuseppe Lumia. Non mancano le dichiarazioni del procuratore antimafia Pietro Grasso, del presidente della Fai Tano Grasso e del sostituto procuratore di Caltanissetta Marino, e poi il vescovo Pennisi e il parroco di una chiesa gelese Petralia. Dichiarazioni anche del presidente dell’associazione antiracket locale Caponnetti e di Salvatore La Rosa primo dirigente della polizia di stato di Gela insieme al commissario capo Giovanni Giudice e del presidente di una cooperativa locale vittima di estorsioni.

“Mi ero accorto – dice il regista – che nonostante i media parlassero spesso della mafia, in realtà non sapevo bene cosa fosse. Il documentario è un mosaico di risposte. Nel corso delle riprese non ho mai posto domande agli intervistati. I quesiti sono nel titolo che ho dato ad ogni capitolo del film. Il documentario – continua Rossellini – in sostanza nasce per capire e far capire il fenomeno mafioso”. Martedì si è svolta la prima nazionale a Gela, alla presenza di tutti i protagonisti del film. Davanti l’ingresso del liceo classico i bambini, che hanno realizzato il cortometraggio, distribuivano un garofano bianco. Un garofano con un bigliettino attaccato: “Diritto di sognare”.

Gli ultimi due capitoli “Gela un caso a parte” e “I giovani hanno il diritto di sognare” sono dedicati alla città alle sue contraddizioni a ciò che ne ha fatto e ne fa un caso nazionale. La produzione è di Mario Coppotelli, un imprenditore definito dal sindaco Crocetta “Coraggioso, una mosca bianca che ha avuto la fermezza di investire su un’opera formativa, didattica, magari poco commerciale, ma socialmente utile”. “Ora che ho portato a termine “Diritto di sognare”, voglio continuare con una serie di documentari su i “Buchi neri” italiani che finché permangono misteri fanno essere una democrazia imperfetta l’Italia. Non ho paura di dare fastidio – conclude il regista -. Dar fastidio per me è un dovere oltre che un piacere”.

Un documentario che lascia il segno. Che analizza in molti aspetti il fenomeno mafioso, ma che non entra nelle case della gente comune. A parlare sono le istituzioni, gli enti. Rossellini non esamina il popolo, non registra come la mafia, la nuova mafia (quella che non spara, ma che veste in giacca e cravatta) è percepita dalla gente comune, spesso sopraffatta da logiche clientelari e mafiose, spesso non cosciente dei propri diritti e doveri e incosapevole a volte di essere vittima della stessa mafia. Una pecca che poteva rendere ancora più realistico il documentario. D’altronde il “diritto di sognare un’Italia senza mafia” è soprattutto nostro, di noi comuni cittadini.


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