I tre avventurieri della letteratura italiana del ‘700

SONO FRANCESCO ALGAROTTI, CALO INNOCENZO FRUGONI E SAVERIO BETTINELLI. QUEST’ULTIMO E’ IL PEGGIORE, PERCHE’ CONSIDERAVA DANTE ALIGHIERI POETA CONFUSO E OSCURO: SCAMBIANDOLO PROBABILMENTE CON SE STESSO. SCRISSE DI LUI IL MONTI: “SAVERIO BETTINEL, CHE TANTO VISSE, DA VEDERE OBBLIATO QUEL CHE SCRISSE…”

di Giovanni Albanese

Francesco Algarotti si unì nel 1757 con Carlo Innnocenzo Frugoni e con Saverio Bettinelli per pubblicare i suoi, insieme con quelli de’ du’ altri mentovati “I versi sciolti di tre eccellentissimi poeti”.

Il Frugoni fu un letterato Arcade, là dove il Bettinelli più celebre come critico letterario divenne. Famose le sue “Dieci lettere di Publio Virgilio Marone scritte dagli Elisi all’Arcadia di Roma sopra gli abusi introdotti nella poesia italiana”. Esse, più presto note col breve titolo di “Lettere Virgiliane”, sferravano un tagliente attacco contro la tradizione italiana, e massime contro Dante, la cui Commedia era considerata com’un farraginoso guazzabuglio.

D’essa il critico mantovano salvava solamente l’episodio di Paolo e Francesca e quello del conte Ugolino della Gherardesca; il Bettinelli fa dire Virgilio-Se Dante avesse scritta l’intera commedia così, i nostri poemi sarebbero inferiori; e chi questi stralci letterari di convertire in greco, chi di convertirli in latino ingegnavasi; ma dell’imitarlo era nulla.

Sennonché il Bettinelli, non pago d’aver stroncato Dante, salvava le Stanze del Poliziano, Il Furioso dell’Ariosto, il bernesco rifacimento dell’Innamorato del Boiardo, ma stroncava altresì la Liberata del Tasso, salvandone l’Aminta.

E meno male che ci pensò questo cialtrone, insieme con gli altri due cialtroni, dico l’Algarotti e il Frugoni, a fornir versi sciolti, i quali fungessero d’esempio per i letterati avvenire, dopo la stroncatura stolta di Dante e del Tasso! (mi si perdoni la parentesi ironica, ma quando lo sdegno manifestasi, egli non v’ha verso di trattenerlo entro certi limiti; e il Bettinelli è l’autore più atto a smuovere un travaso di bile:Disse il Monti-né a torto-: ”Saverio bettinel, che tanto visse, Da veder obbliato quel che scrisse”).

Ma, in realtà, egli vantava la moderna semplicità e naturalezza de’ Galli e de’ Britanni, com’egli era convinto d’aver dimostrato nelle “Lettere sopra vari argomenti scritte da un inglese a un italiano”, più brevemente note come “Lettere inglesi”. Egli è altresì l’autore dell’opera  “Il risorgimento d’Italia nelle arti e negli studi dopo il 1000” e “Dell’entusiasmo delle belle arti”.

Il suo mezzo di divulgazione, il suo stile spigliato, rapido e veloce molto ritrae dall’allora imperante stile giornalistico, allora in voga, come ne testimonia Gaspare Gozzi, che già abbiamo precedentemente trattato, né tuttavolta da preterire qui, perché la sua “Difesa di Dante”, come risposta per le rime alle calunnie del Bettinelli, assai cade in acconcio, la risposta più consona alla fondamentale mancanza di gusto e di giudizio da parte di Saverio Bettinelli essendo.

Non ci rimane, se non trattare di Carlo Innocenzo Frugoni, il quale con l’Algarotti e col Bettinelli forma il trio degli”eccellentissimi poeti.”

Carlo Innocenzo Frugoni, (Genova 1692-Parma 1768) fu un poeta frondoso anzichennò. Somasco, fu da Clemente XII esonerato dall’obbligo di dir messa. Fu al servizio de’ Farnese e poscia de’ Borboni, allorché il Ducato di Parma e Guastalla, ol trattato d’Aquisgrana, passò a’Borboni iberici.

Ebbe importanti incarichi, quali la supervisione della biblioteca ducale.

A sua insaputa il Bettinelli ne divulgò gli endecasillabi sciolti nella silloge da noi sopra mentovata: quand’egli l’apprese, se ne dolse, non reputandosi degno di tant’onore. La reazione incominciò per tempo, coi due piemontesi Baretti e Alfieri. Il Monti, per riabilitarlo, lo definì “padre Incorrotto di corrotti figli”, là dove i due piemontesi n’aveano criticata aspramente l’arcadicità e lo stile mo’ ampolloso, mo’ frivolo.

Le sue poesie sono oggidì edite in dieci volumi: le più belle sono quelle nelle quali egli descrive l’amore per la campagna, così caratteristico dell’Arcadia settecentesca.


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