Le grandi banche? Utilizzano i risparmi dei cittadini per pagare i ‘buchi’ delle speculazioni andate a male

C’E’ UNO SCANDALO NELLO SCANDALO: LA BANCA D’ITALIA. CHE NON HA EFFETTUATO LE ISPEZIONI SUL BANCO DI SARDEGNA E SU MELIORBANCA. POI SI E’ SCOPERTO CHE UNA DELLE BANCHE NON ISPEZIONATA DALLA BANCA D’ITALIA ERA AZIONISTA DELLA STESSA BANCA D’ITALIA…

Qualche tempo fa i giornali riempirono per settimane le prime pagine con notizie riguardanti la vicenda Monte dei Paschi di Siena (MPS), la banca, controllata dalla Fondazione MPS (a sua volta nelle mani del PD).

Quello che non si disse allora (e che viene abilmente e disperatamente taciuto ancora oggi) è che la situazione del MPS non era un caso sporadico nel mondo delle banche. Anzi, a ben guardare, tutto il mondo bancario, e non solo quello italiano, sta attraversando una crisi profonda. Al punto, spesso, da ricorrere a strumenti più o meno leciti.

Tanto poco leciti che il numero di condanne accumulato dalle banche, sotto varie forme e tipologie, nel corso degli ultimi anni è a dir poco scandaloso. Eppure nessuno ne parla. Poca attenzione, ad esempio è stata data alla condanna di molte banche tra cui Deutsche Bank, Ubs, Jp Morgan e Depfa Bank, per la presunta truffa da 100 milioni sui derivati stipulati dal Comune di Milano nel 2005.

Eppure molti Comuni continuano a essere schiavi di questo meccanismo e la massa di derivati circolante nel mondo ammonterebbe per il 2013 a una cifra mostruosa: tra i 600.000 ed i 700.000 miliardi di dollari (dati Steve Denning, Big Banks and Derivatives: Why Another Financial Crisis Is Inevitable).

In realtà, l’elenco delle infrazioni o dei reati commessi da banche, italiane e non, negli ultimi anni è lunghissimo. Basti pensare che per annoverare le sentenze emesse negli ultimi tre anni da Tribunali italiani e che hanno visto le banche soccombenti, non basterebbero sedici pagine (solo per le sentenze civili).

Ma non basta. Pare che questi comportamenti siano stati consentiti anche dalla mancanza di controlli da parte dall’organo competente, ovvero la Banca d’Italia.

La Banca d’Italia, nata in origine proprio come soggetto pubblico e di controllo, una volta divenuta società per azioni (possedute per la quasi totalità da soggetti privati), non ha più dovuto e, forse, voluto fare gli interessi degli italiani, ma quelli degli azionisti. Così, recentemente, la III sezione del Tar Lazio ha accolto il ricorso presentato dal Codacons su due istituti di credito: Banco di Sardegna e da Meliorbanca per i quali le ispezioni compiute da Banca d’Italia sono risultate inesistenti.

L’operato di queste banche, secondo l’accusa, avrebbe causato la crisi economica di un’impresa e successivamente il suo fallimento. A seguito di ciò era stato chiesto a Bankitalia di verificare la condotta delle due banche. Cosa che Bankitalia non avrebbe fatto. Così il TAR ha imposto alla Banca d’Italia di svolgere i propri compiti. Se non fosse che ciò avrebbe voluto dire controllare i suoi azionisti. Sì, perché, tra gli azionisti di Bankitalia c’è anche BPER (Banca Popolare dell’Emilia Romagna) che altro non è che la ex Meliorbanca, ossia una delle banche coinvolte nella vicenda.

La verità è che questo modo di gestire la finanza pubblica ha permesso a molte società per azioni (perché questo, e nient’altro, sono quasi tutte le banche) di operare praticamente senza controllo. Anzi, in molti casi ha consentito loro di controllare i mercati. Sia quelli nazionali che quelli internazionali.

Negli ultimi decenni, l’enorme potere accumulato dalle banche ha fatto sì che si diffondesse in molti istituti la convinzione di essere ormai quasi onnipotenti. Fino al punto da modificare, a proprio vantaggio ovviamente, dati come l’Euribor (Euro Inter Bank Offered Rate, tasso interbancario di offerta in Euro, che è un tasso di riferimento che indica il tasso di interesse medio delle transazioni finanziarie in Euro tra le principali banche Europee).

È per questo che Bruxelles ha imposto una multa record, di 1,7 miliardi di Euro, a sei banche, tra cui Société Générale e Deutsche Bank. Immediata è stata la risposta della Germania (visto che molte delle banche erano tedesche…). La Germania, infatti, ha deferito la Banca Centrale Europea per le OMT, accusandola di aver agito al di là del proprio mandato e di aver fornito, di fatto, aiuti di Stato ad alcuni Paesi.

Oggi le banche, essendosi appropriate della possibilità di emettere moneta in quasi tutti i Paesi del mondo, detengono un potere quasi smisurato. Un potere che ha permesso loro di speculare e di “rischiare” finanziariamente oltre l’inimmaginabile. Ormai le banche non assolvono più al ruolo di gestori del risparmio dei cittadini. La conseguenza è che molte banche sono diventate enormi “buchi neri” che cercano di utilizzare i depositi dei clienti per giustificare e garantire speculazioni finanziarie rischiosissime e a volte fallimentari. E ciò fino ad accumulare “sofferenze” che ammontano solo in Italia a circa 156 miliardi di Euro (dati ABI).

La situazione non è molto diversa nel resto d’Europa. Le banche dell’UE si sono esposte sui mercati emergenti per una cifra complessiva pari a 3.400 miliardi di dollari (dati della Banca dei Regolamenti Internazionali)! Somma spaventosa che già di per sé rappresentata un’implicita minaccia per l’economia dell’Unione Europea.

Secondo l’analista di Deutsche Bank, Matt Spick “gli shock che attraversano gli emergenti costituiscono una preoccupazione reale per il 2014”, evidenziando i rischi della combinazione tra “volatilità del cambio, rallentamento dei ricavi e aumento dei debiti insolventi”. 3,4 trilioni di dollari è una somma enorme in assoluto, ma rappresenta un rischio ancora più spaventoso se si considera che è oltre quattro volte superiore all’esposizione di tutte le banche USA. E, come se non bastasse, questo debito è concentrato nei bilanci di un numero ristrettissimo di banche Europee: oltre 1,7 trilioni di dollari riguarderebbe BBVA, Erste Bank, HSBC, Santander, Standard Chartered, e UniCredit.

Come potranno queste banche trovare le risorse almeno per sembrare meno in crisi? Ovviamente attingendo dai risparmi dei clienti. In un vertice svoltosi alla fine dello scorso anno, avente come oggetto l’utilizzo del cosiddetto fondo salva-Stati (Esm), il salvataggio delle banche in crisi è stato delegato, almeno in una prima (e ultima?) fase a ‘finanziamenti ponte’ dei Stati. E in seconda battuta utilizzando i soldi nell’ordine degli azionisti, dei detentori di obbligazioni (prima quelli con meno garanzie, cioè i detentori di titoli subordinati, poi gli altri) e, infine, dei titolari di depositi…

Ma non è finita qui. Andrea Enria è il presidente dell’Eba, la European banking authority, organo di vigilanza bancaria dell’area Euro. L’Eba, da tre anni, sta emettendo norme che hanno indotto gli istituti finanziari italiani a scelte (e pressioni sui governi che nel frattempo si sono succeduti) che avranno conseguenze drammatiche sugli italiani. Enria è stato, nel recente passato, a capo della supervisione bancaria della Banca d’Italia, quindi dovrebbe conoscere bene le conseguenze che avrebbe avuto imporre alle banche dell’area Euro di raddoppiare il proprio patrimonio liquido.

La conseguenza delle misure imposte sono state da un lato il totale blocco dei crediti da parte delle banche e dall’altro la ricapitalizzazione della Banca d’Italia da parte del Parlamento italiano, che ha pensato bene di concedere alle banche proprietarie delle azioni BANKITALIA la possibilità di svenderle per “fare cassa”. E, come se non bastasse, si dice che a breve l’authority presieduta da Enria emanerà nuove indicazioni sulla futura vigilanza Europea, cosa che creerà un nuovo grave stato di difficoltà per molte banche italiane. La conseguenza, con tutta probabilità, sarà il congelamento totale dell’erogazione del credito e la paralisi definitiva dell’economia reale del Paese.

Per un italiano che dirige una banca che sta distruggendo le banche italiane c’è un altro italiano che dirige una banca non italiana che, invece, pare prosperare anche grazie ai soldi degli italiani. In un mondo di banche in crisi, unica eccezione pare sia la BCE diretta da Mario Draghi.

La Banca Centrale Europea, infatti, pare stia beneficiando, e non poco, della crisi dell’Europa. Per sintetizzarla in poche parole, pur senza speculare in Borsa, “fa soldi” con l’”eurocrisi”. La prova è che il controllo forzato dei mercati dei capitali e la gestione dei maxi prestiti concessi dalla BCE alle banche Europee le hanno consentito, nell’ultimo esercizio, di registrare un profitto di quasi un miliardo e mezzo di Euro. Utili che, ovviamente, saranno prevalentemente destinati alle banche centrali (e, quindi, alle banche private): “Il Consiglio direttivo ha deciso di conferire alle banche centrali nazionali (BCN) dei Paesi dell’area dell’Euro un importo di 1.370 milioni di Euro a titolo di acconto sul dividendo, al 31 gennaio 2014″.

Soldi prelevati dalle tasche dei cittadini Europei, quindi, ma che, dato che molte delle banche azioniste delle banche nazionali risultano in perdita, nessun cittadino Europeo vedrà mai tornare nelle proprie tasche…

 

 

 

 

 

 

 


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