Caserta supera Trantino nei voti al candidato. «Prevale il consenso ai partiti e la subalternità al governo nazionale»

Un dato passato in secondo piano ma che può essere una chiave di lettura diversa per raccontare le ultime elezioni amministrative a Catania. Una tornata elettorale con un copione già scritto dall’inizio e che ha sancito in maniera netta, nonostante il forte astensionismo, la vittoria del candidato sindaco del centrodestra Enrico Trantino. A spoglio ultimato il penalista, attorno a cui si è compattata la coalizione, ha raccolto 85.700 voti pari al 66,13 per cento. Secondo con 32.032 voti ossia il 24,72 per cento, Maurizio Caserta, esponente del fronte progressista che ha messo insieme Partito democratico, Movimento 5 stelle e Sinistra italiana. Ma quanti sono stati i cittadini che hanno espresso una preferenza diretta per il candidato sindaco, senza l’effetto trascinamento delle liste? Trantino si è fermato a 2249 voti mentre Caserta lo ha superato con 2570 voti. Rispettivamente il 2,62 e l’8,02 per cento.

«Un dato significativo e interessante – spiega a MeridioNews Sara Gentile, politologa e docente di Scienze politiche all’università degli studi di Catania – Ci dice che il voto alla coalizione ha avuto il proprio pilastro nella destra che è al governo». Non una casualità, secondo la studiosa. «Il ceto politico meridionale e siciliano si è sempre posto come subalterno al governo nazionale – continua – Si tratta tuttavia di una sorta di palla al piede perché, proprio grazie a questo comportamento, tante questioni non sono mai state risolte». Da aggiungere c’è anche il fatto che la riconferma del centrodestra alla guida del capoluogo etneo non ha fatto emergere un voto di protesta. «Nel 1972, anno dell’ondata nera, quello alla destra e al Movimento sociale italiano era stato un voto di rabbia che ha spazzato via la politica tradizionale dei partiti che avevano governato. Nei giorni scorsi, lo scenario in città è stato nettamente diverso».

Per la politologa e docente quello di Trantino, numeri alla mano, è stato «un seguito limitato ma che ha usufruito del corredo delle componenti che lo hanno appoggiato. Un voto in cui ha prevalso il consenso ai partiti rispetto a quello verso il candidato sindaco». Più articolata l’analisi per quanto riguarda lo sfidante Caserta. Il docente di Economia aveva già provato la corsa verso Palazzo degli elefanti nel 2013 da candidato di una lista civica. Allora arrivò terzo con poco più del 7 per cento dei consensi. Dieci anni dopo il professore universitario è stato scelto dalla coalizione di centrosinistra dopo l’incredibile abbandono di Emiliano Abramo, pure lui già candidato a sindaco ma nel 2013. «Ritenevo che per il centrosinistra la battaglia politica delle ultime amministrative non potesse essere vinta – prosegue la professoressa – Il problema però non è Caserta, ma il centrosinistra che in città non è riuscito a radicarsi nel tessuto urbano, rimanendo ai margini».


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