Gela come Taranto? No, peggio e non da ora…

Gela come Taranto? Questo interrogativo ha dominato le pagine dei giornali nell’ultima settimana. Il tutto, innescato da un articolo del
settimanale L’Espresso che ha dato notizia degli ultimi  dati dell ‘Osservatorio epidemiologico della Regione Siciliana.
Dati che, udite udite,  confermano quanto sia alta l’incidenza di tumori e di malattie devastanti, comprese malformazioni natali e pre-natali,  in quell’area siciliana del petrolchimico nazionale.

Fiumi di inchiostro e di polemiche. Per scoprire una realtà, in verità,  già nota da anni e di cui nessuno, a Roma come a Palermo, si è mai curato. Ora, però, la notizia fa rumore. Il caso Ilva di Taranto, in Puglia, e i suoi risvolti giudiziari, hanno reso la questione attuale.  E i media nazionali hanno acceso i fari (meglio tardi che mai?) su un problema ignorato per troppo tempo: le vittime di quell’ industrializzazione nordista e selvaggia che ha violentato il  Sud Italia. Sicilia, in primis. 

“L’analisi delle tabelle sulla “mortalità” in alcuni casi sono persino peggiori rispetto a quelle di Taranto- scrive il settimanale l’Espresso- rispetto alle città più vicine, a Gela i maschi muoiono di più per tutti i tipi di tumore (più 18,3 per cento), per il cancro infantile (più 159,2 per cento), per il tumore allo stomaco (più 47,5 per cento), alla pleura (più 67,3), alla vescica (più 9,6), per non parlare dell’incidenza del morbo di Hodgkin (più 72,4), del mieloma multiplo (più 31,8) e delle malattie del sistema circolatorio (più 14,2). A Gela l’incidenza dei tumori degli under 14 è maggiore del 68,1 per cento, più decessi anche per i tumori al fegato (più 20,9), alle ossa (32,8), al testicolo (più 209,4 per cento) e per le malattie cerebrovascolari (più 36,6)”.

Dati agghiaccianti. Ma, perfettamente in linea con quanto già risaputo da tempo. La gravità della situazione a Gela è, infatti, ufficialmente nota almeno dal 2008. Da quando, cioè, un coraggioso Pm che allora lavorava nella Procura della cittadina che ospita le industrie del petrolchimico in provincia di Caltanissetta (Alessandro Sutera Sardo, siciliano ora in servizio a Torino), incaricò il Cnr di eseguire il primo studio sullo stato di salute degli abitanti dell’area.

I risultati sono stati pubblicati, quello stesso anno, dal mensile siciliano ‘S’ : “Nel periodo che va dal 1991 al 2002 i casi di malformazione pre-natali a Gela hanno riguardato 520 bambini su 13.060 nati vivi, con un’incidenza del 4%, il doppio rispetto al dato regionale e a quello nazionale. Il riferimento ai “nati vivi” è indispensabile, perché non esistono fonti capaci di fornire indicazioni attendibili sulle malformazioni dei piccini nati morti o di quei feti per i quali i genitori hanno deciso l’aborto, dopo l’accertamento di patologie genetiche durante i primi mesi di gestazione.  Non erano mai stati fatti studi approfonditi da parte delle istituzioni è questo è veramente incredibile- aveva detto il magistrato al mensile che fa capo al gruppo del quotidiano online Livesicilia.it. 

Eppure da allora ad oggi nulla è cambiato. Anzi, le cose, come confermano gli ultimi dati, sono peggiorate. 

“Gela ha una incidenza di ipospadia che è di circa 6 volte l’atteso: su ogni bambino che nasce a Piazza Armerina con l’ipospadia ne nascono ben 6 a Gela», ha affermato Fabrizio Bianchi, epidemiologo del Cnr che insieme al genetista Sebastiano Bianca dell’università di Catania e a Pietro Comba dell’Istituto superiore della sanità ha condotto il primo studio sull’area. L’ ipospadia è una patologia che è comune a tutti i siti industriali che presentano le stesse caratteristiche di Gela. Gela come Augusta, come le altre parti del mondo. C’è un nesso, quindi, di probabilità. Cioè potrebbe essere questa la causa- si legge sul numero del mensile S del 2008.  E ancora:

“Le malattie genetiche potrebbero essere quindi causate dall’esposizione agli “interferenti endocrini” (prodotti chimici, policiclici aromatici, fenolici, metalli pesanti come il mercurio, pesticidi, solventi, ecc.) che entrano nel ciclo alimentare (verdure, pesci, ecc.) e fanno impazzire le funzioni ormonali dei soggetti che li ingeriscono. Dall’indagine riguardante le famiglie dei bambini malformati è emerso che moltissime donne avevano identiche abitudini alimentari, cioè facevano uso di pesce, frutta e verdura locali, spesso venduti in forma ambulante. Tra le donne che hanno partorito figli malformati è stato infatti notato un uso di alimenti prodotti in loco. E l’esame su crostacei pescati a Gela ha confermato la presenza di sostanze inquinanti. Per illustrare ulteriormente la drammaticità della situazione, basta considerare che nella falda sottostante gli impianti del Petrolchimico, nel 2003 giacevano quarantaquattromila tonnellate di gasolio infiltratosi a causa della perdita dei serbatoi, come accertarono il geologo Giuseppe Risotti ed il chimico Luigi Turrito. Allora la magistratura chiuse la fabbrica affinché si rifacessero i fondi alle cisterne, misura che avrebbe evitato ulteriori inquinamenti ma che nulla poteva contro l’inquinamento già avvenuto”.

2008-2013: nulla è cambiato. La gente continua a morire, le donne ad abortire. Mentre  l’Isola ancora oggi rimane la piattaforma energetica d’Italia: qui si raffina il 42% della benzina consumata in Italia e da qui transita il 44% del metano utilizzato nel Paese. Mentre i ricavi industriali vanno sempre ai petrolieri e la quota del gettito di imposta, tra 5 e 7 miliardi l’anno, va sempre alla Stato, contro l’articolo 37 dello Statuto siciliano, che è parte integrante della Costituzione italiana.  Proprio in questi giorni questa norma è oggetto di una trattativa tra Roma e Palermo. Il governo nazionale sarebbe disposta a riconoscerne l’attuazione, dopo oltre 60 anni di rapina e di morte, ma riconoscendo solo 50 milioni di euro l’anno alla Sicilia,. Una presa per i fondelli bella e buona, mentre a Gela, come a Priolo e Melilli, si continua a crepare di tumore e a nascere malformati.  Il danno e la beffa. Amarissima.

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