Formazione, flop dell’Avviso 18: la responsabilità è del trio LAC

Fondato l’allarme, lanciato ieri dal nostro giornale circa l’azzeramento dell’Avviso pubblico n.18/2011. Ci corre l’obbligo di approfondire la vicenda che tocca un settore storicamente clientelare come quello della sanità siciliana e che presenta risvolti occupazionali di grande rilievo.

Cominciamo col dire che la scelta di spostare oltre 40 milioni di euro dal capitolo di bilancio dedicato alla copertura finanziaria dell’Avviso 18/2011 è stata frutto di scelte del precedente Governo regionale e non dell’attuale. E precisamente l’autore del decreto di variazione, trasmesso alla Corte dei Conti per la registrazione prima del licenziamento da parte del presidente Crocetta, è stato Ludovico Albert.

Tanto per cambiare ci ritroviamo, quali protagonisti del “consueto gioco delle tre carte”, il famigerato trio delle meraviglie LAC che ha strombazzato in lungo e in largo tra le corsie normative.

Precisiamo quindi che non è il Governo di Rosario Crocetta ad avere sottratto lo stanziamento decretando, quasi certamente, la “fine” dell’Avviso 18/2011, ma il precedente esecutivo retto da Raffaele Lombardo.

Vediamo, adesso, di delineare i contenuti della questione che presenta aspetti alquanto paradossali. Sembra incredibile che la vicenda della realizzazione dei corsi per Operatore socio sanitario (Oss) subisca ancora battute di arresto, dal momento che si sono registrati ritardi decennali su cui nessuno ha dato, finora, plausibili spiegazioni.

Di fatto, la Regione siciliana, così come è avvenuto in altre Regioni, sin dal febbraio del 2001 – data dell’accordo sancito dalla Conferenza Stato-Regioni 22 febbraio 2001 – era nella condizione di autorizzare lo svolgimento di corsi di formazione professionale per Operatori socio sanitari. Per la verità, sono trascorsi dodici anni senza che nulla sia accaduto. Chissà perché!

Intanto, in tutti questi anni si sono formati, presso altre Regioni, operatori siciliani costretti a sopportare disagi logistici e a sostenere migliaia e migliaia di euro per ottenere un titolo spendibile in termini di accesso a un’occupazione sicura. Eppure l’iter normativo su cui bisognava muoversi era stato individuato con chiarezza. Tracciamone, seppur in breve, i contenuti.

Con l’approvazione del Piano sanitario 1998-2000 è nata l’esigenza, a livello nazionale, di concretizzare un cambiamento nell’erogazione dei servizi sanitari. Codificare, cioè, un nuovo profilo assistenziale che potesse superare le mansioni un tempo attribuite alla figura di assistenza (Operatore socio-assistenziale) e all’area sociale (Operatore tecnico addetto all’assistenza).

La Conferenza Stato-Regioni, nella seduta del 22 febbraio 2001, ha sancito l’introduzione della figura dell’Operatore socio sanitario per professionalizzare la specifica offerta sanitaria pubblica e privata. Accordo recepito dalla Regione siciliana con decreto assessoriale del 17 febbraio 2003, n. 17.

La pubblicazione di un apposito Avviso pubblico, quale è stato il 18 del 2011, risponde quindi a precise esigenze. Vediamo quali.

Anzitutto quella di concludere nel modo più rapido la vicenda legata alla formazione della figura di Operatore socio assistenziale, in allineamento con quanto previsto nelle altre Regioni. E poi perché il progressivo esaurimento della disponibilità, nelle strutture regionali della sanità, degli operatori Osa/Ota ha reso necessaria l’assunzione di almeno 10 mila Operatori socio sanitari. Figura destinata, in buona sostanza, a sostituire i vecchi Osa /Ota al fine di garantire livelli essenziali di assistenza.

Cosa si è registrato invece nella nostra Regione? L’inspiegabile assenza di offerta formativa per formare Operatori socio sanitari in Sicilia. Responsabilità politica che ha prodotto un’anomala e costosissima “triangolazione” di corsi di formazione cui sono incappati migliaia di cittadini siciliani, lesi nel diritto a formarsi nella propria Regione.

Partecipazione a suon di quattrini per conseguire titoli dichiarati poi “non validi” dalla stessa Regione siciliana proprio perché rilasciati da Enti non autorizzati dall’assessorato regionale alla Salute. Una vera panacea per chi li ha organizzati e una fregatura per i cittadini siciliani.

Oltre al danno anche la beffa: costretti a restare in altre regioni pur di lavorare per via di un titolo non utilizzabile “in casa propria”.

La notizia relativa al decreto di trasferimento di 40 milioni di euro dall’Avviso 18/2011 al Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca scientifica (MIUR) assume conseguenze gravissime per gli effetti sul settore della sanità pubblica e privata della nostra Isola.

Il presidente della Regione siciliana, Rosario Crocetta, e l’assessore regionale alla Istruzione e Formazione professionale, Nelli Scilabra, potrebbero intervenire per ritirare il decreto sottoposto al visto dalla Corte dei Conti. Si porrebbe rimedio a uno degli ultimi colpi sferrati da trio LAC alla Sicilia, che rischia di penalizzare oltremisura l’accesso a questa professione, danneggiando migliaia di cittadini siciliani.

In una terra avara di opportunità di lavoro restituire ai siciliani tale opportunità sarebbe un grande atto di buon governo.

 


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