Formazione 2/ Il fallimento dei sindacati

Anche se la cosa è passata inosservata, ieri, a Palermo, il mondo sindacale che opera nella formazione professionale ha messo nel proprio ‘carniere’ una grande sconfitta. Un folto gruppo di lavoratori di questo settore che, a ragione, non si sete rappresentato dalle organizzazioni sindacali pronte a firmare qualunque contratto, ha deciso di inontrare direttamente il presidente della Regione, Rosario Crocetta, e l’assessore al ramo, Nelli Scilabra.

Sui contenuti di tale incontro riferiamo qui. Quello che a noi, in questa sede, interessa sottolineare è il fallimento pressoché totale del sindacato in materia di formazione professionale in Sicilia. Un fallimento, integrale, che è frutto di due condizioni. (a sinistra, foto tratta da articolo21.org)

Prima condizione: un incredibile conflitto di interessi che va avanti da decenni, visto che alcune organizzazioni sindacali si ritrovano a difendere gli interessi dei lavoratori (o quasi…) e a gestire i corsi di formazione con propri Enti (è il caso di Cisl e Uil, se è vero che la Cgil, grazie all’ex segretario generale della Sicilia, Italo Tripi, si è chiamata fuori da questo settore).

Seconda condizione: l’insufficienza di una classe dirigente sindacale in un settore dove i Governi (del passato, anche recente, s’intende) e i datori di lavoro hanno fatto quello che hanno voluto. Ieri, come racconta sempre il nostro Messina, l’assessore, Nelli Scilabra, che non a caso – e per fortuna – è giovane, sarebbe rimasta stupita della ‘leggerezza’ con la quale i ‘capi’ di certi Enti formativi e la politica hanno trattato migliaia di persone, laciandole senza stipendio e senza lavoro.

Va detto una volta e per tutte che, senza l’acquiescenza dei sindacati – chi con maggiori responsabilità politiche, come nel caso di Cisl e Uil, chi con minori (ma non meno gravi) responsabilità politiche – l’orai celebre “Trio delle Meraviglie”, il ‘famigerato’ LAC (sigla che sta per Raffaele Lombardo, ex presidente della Regione, Ludovico Alberto, ex dirigente generale del dipartimento regionale Formazione professionale, e Mario Centorrino, ex assessore regionale al ramo) non avrebbe potuto combinare tutto quello che ha combinato negli anni passati.

Quello che è avvenuto ieri è emblematico. I lavoratori del settore non si fidano più dei sindacalisti ‘firmaiuoli’. E provano a difendere i propri interessi da sé. E hanno ragione, dal momento che i sindacati sono venuti meno al proprio ruolo, che è quello di difendere gli interessi dei lavoratori.

La crisi di rappresentanza sindacale, almeno nella formazione professionale, è ormai di sistema: non riguarda più alcune sigle sindacali, ma tutte le sigle. Gli interessi che ruotano attorno a questo settore hanno praticamente fatto venire meno la ‘tenuta’.

Il discorso è complesso e non si può esaurire in poche righe. Ma un fatto è certo: il legame infame che tiene assieme politica e mondo sindacale al settore della formazione professionale va spezzato.

In questi giorni, a ragione, il Governo regionale sta provvedendo a ‘sgamare’ tutti i parenti di politici e sindacalisti ‘intruppati’ nelle società e negli Enti formativi. Bene. ma questo non basta.

Va trovato il modo per recidere il cordone ombelicale che lega politica e modo sindacale con la formazione professionale. Giustissimo impedire ai parlamentari – regionali, nazionali ed europei – di gestire Enti o società che operano in questo settore. Ma anche questo non basta. Perché questi signori opererebbero con i prestanome (cosa che già fanno).

Sere una riforma radicale del settore. Della quale si dovrebbe occupare la nova Assemblea regionale siciliana. Non siamo difensori a oltranza degli Enti formativi storici. Soprattutto di quelli che facevano la ‘cresta’ sulle forniture, pagando docenti e studenti con notevoli ritardi. Ma nessuno può negare che la situazione è peggiorata, fino a degenerare, da quando in questo settore sono entrate le società.

La prima cosa da fare è mettere fuori dal sistema tutte le società che operano nel settore. Tutte, nessuna esclusa. Recuperando gli Enti storici, che dovranno operare non soltanto senza fini di lucro, secondo quanto previsto dalla legislazione regionale tutt’ora vigente, ma anche senza le ‘creste’ sulle forniture: obiettivo da realizzare con controlli severissimi. Nel settore vanno, poi, coinvolte le scuole pubbliche, con riferimento agli istituti professionali, che esistono proprio per fornire una preparazione professionale.

Nel passato pensavamo di coinvolgere le università e il Cnr per l’alta formazione. Oggi abbiamo qualche riserva. Per un motivo semplice: perché nutriamo il dubbio che chi governa queste istituzioni potrebbe usare le risorse del settore non per formare i giovani da avviare nel mercato del lavoro, ma per ‘sistemare’ amici e parenti.

Nel dubbio, a nostro avviso legittimo (esistono decine di pubblicazioni che certificano la ‘parentopoli’ in quesi tutte le università italiane), meglio tenerli fuori da questo settore.

 

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