Giuseppe Grasso vende le sue opere di terracotta con regolare autorizzazione. Sulla sua bancarella però ci sono anche pezzi di bigiotteria acquistati altrove e rivenduti. Stamani due vigili hanno chiesto di ritirare quella merce. «Ho pensato al peggio, a quello che è successo al povero La Fata e ho portato le mie cose in mezzo alla strada». L'intervento di un ispettore e di un carabiniere ha convinto lo scultore a desistere. Guarda le foto
Ambulante al centro di via Etnea per protesta «Mi taglio la gola», dopo controllo dei vigili
Al centro di via Etnea con la sua bancarella di prodotti artigianali per protestare contro la richiesta dei vigili urbani di non vendere braccialetti e collanine. «Se non ve ne andate mi taglio la gola», ha minacciato Giuseppe Grasso stamattina, tenendo in mano la lama con cui solitamente modella le sue sculture di terracotta, davanti a polizia municipale e carabinieri intervenuti per convincerlo a spostarsi. L’intervento comprensivo di un ispettore e di un giovane dell’Arma di origine napoletana ha evitato il peggio.
L’ennesima protesta di un venditore ambulante è andata in scena stamattina all’incrocio tra via Etnea e piazza Stesicoro. Giuseppe, 61 anni, fa lo scultore e vende le sue piccole opere in via Anfuso, sul lungomare, il sabato e la domenica, in giro per la città negli altri giorni. Da poco più di una settimana ha scelto di fermarsi in centro, insieme al figlio Salvatore, 35 anni, e alla moglie. «Ho quattro autorizzazioni come operatore d’ingegno per vendere gli oggetti che realizzo – spiega lo scultore – io lavoro la terracotta, mio figlio fa bigiotteria. A volte rivende anche oggetti comprati da altre parti. Ma dobbiamo portare il pane a casa e ci arrangiamo come possiamo». E’ proprio questo il punto contestato stamattina da due vigili urbani che hanno chiesto a padre e figlio di ritirare dalle loro bancarelle braccialetti e collanine acquistati altrove.
«Mi hanno tolto il furgone e la macchina perché senza assicurazione – spiega il figlio Salvatore, che ha due bambini di sei mesi e sei anni – prima andavo nelle fiere in giro per i paesi, adesso non posso fare neanche quello. Ma come li pago 800 euro di assicurazione?». Una situazione che ha spinto Giuseppe Grasso alla protesta. «Mi sono arrabbiato, ho ripensato a quello che è successo negli ultimi giorni, a un sistema dove il grosso imprenditore corrompe e si arricchisce e dove i piccoli muoiono e sono perseguitati. Così ho preso le mie cose e ho continuato a lavorare in mezzo alla strada». Il riferimento dello scultore è anche alla morte di Salvatore La Fata, anche lui ambulante per necessità, morto dopo essersi dato fuoco per protesta. «Sono uno scultore, per natura sono sensibile. La notte successiva a quello che è successo in piazza Risorgimento non ho preso sonno, ripensavo sempre al povero La Fata». Due giorni dopo Grasso ha anche realizzato un’immagine di terracotta raffigurante Sant’Agata, ha inciso il nome di Salvatore La Fata e ora aspetta di regalarla ai familiari dell’ex operaio morto.
Stamani dopo pochi minuti dalla protesta, attorno a Grasso si è formato un capannello di persone, tra cui molti vigili urbani. «Non avevo intenzione di spostarmi, pensavo al peggio, ma un carabiniere napoletano e l’ispettore Lopez della polizia municipale mi hanno parlato con calma e dolcezza e mi hanno convinto a trovare insieme una soluzione». Un atteggiamento diverso da quello che, secondo alcuni testimoni, avrebbero tenuto gli agenti il 19 settembre in piazza Risorgimento. A metà mattinata Grasso è stato ricevuto dall’assessore alle Attività Produttive Angela Mazzola.