Non si ferma l'escalation di violenza nel quartiere sud di Catania. Nonostante il maxi sequestro di armi, ignoti hanno messo un ordigno davanti alla casa del padre dei fratelli Celso, che si sono consegnati ai carabinieri confessando il delitto. E' in particolare il più piccolo dei tre, Davide Celso, ad affermare di aver agito da solo. Ma una testimone avrebbe visto sparare anche il nipote 17enne
Librino, bomba per vendicarsi dell’omicidio Bruciate le abitazioni dei presunti sicari
Un escalation di violenza sta segnando Librino, a seguito dell’omicidio di Massimiliano Di Pietro in viale Bummacaro lo scorso mercoledì. Nelle ultime ore una bomba rudimentale è stata messa davanti alla casa, ormai disabitata, del padre dei fratelli Celso – Davide, Michele e Antonino – i presunti autori del delitto che si sono consegnati ai carabinieri giovedì, proprio per paura di ritorsioni. A differenza di quanto riportato inizialmente, fonti d’agenzia precisano che l’ordigno non è esploso, ma è stato disinnescato dagli artificieri, chiamati dallo stesso Agatino Celso, il padre dei fermati. Si trattava di un cilindro metallico con all’interno polvere da sparo, chiodi e bulloni. L’uomo, che era agli arresti domiciliari per reati contro il patrimonio ed estraneo all’omicidio, è stato successivamente condotto in carcere in seguito a una precedente segnalazione del commissariato della polizia di Stato di Librino. La sua abitazione sarebbe stata però danneggiata da ignoti. Anche agli appartamenti dei tre fratelli è stato appiccato il fuoco. Una reazione violentissima che si somma a quelle delle prime ore successive all’omicidio, quando ignoti avevano dato fuoco a una panineria, una bottega, un auto e due motorini, tutti riconducibili alla famiglia Celso. Nel frattempo il gip Francesca Cerone, dopo l’interrogatorio di garanzia, ha convalidato lil fermo dei tre.
Neanche il maxi sequestro di armi effettuato sabato dai carabinieri a Librino ha dunque fermato la vendetta. Le forze dell’ordine, dopo l’arresto dei presunti autori dell’omicidio, hanno effettuato un blitz recuperando nell’intercapedine di un palazzo circa 60 armi. Il sequestro più importante degli ultimi 15 anni, secondo gli investigatori. Ma non è bastato. I familiari dei Celso sono stati allontanati dal quartiere e inseriti in un programma di protezione dello Stato.
Stamattina il gip ha proceduto in carcere all’interrogatorio di garanzia dei tre fratelli. Davide Celso, il più giovane, ha confermato la versione data ai carabinieri, autoaccusandosi dell’omicidio e sottolineando di aver agito da solo, sparando prima con una pistola semiautomatica e dopo con un revolver. Il delitto sarebbe maturato per interessi legati al mondo della droga. Michele Celso ha invece spiegato di trovarsi, al momento dell’omicidio, in una piazza di Librino. Antonino Celso ha sostenuto davanti al gip di essere estraneo, essendo arrivato a cose fatte, visto che si trovava fuori dal quartiere. Sarà Biagio Monetto, l’esperto balistico nominato dal gip per effettuare la perizia per ricostruire le traiettorie dei colpi, a dare un quadro più completo della dinamiche dei fatti e ad assegnare le responsabilità.
Ma c’è un altro soggetto, fortemente coinvolto nei fatti di mercoledì scorso in viale Bummacaro. E’ il nipote 17enne dei tre fratelli. Una testimone ha dichiarato di averlo visto sparare e che sarebbe lui il secondo sicario. Il ragazzo è stato interrogato nel centro di prima accoglienza di via Franchetti dal gip del tribunale per i minorenni Alessandra Chierego. Ha negato di aver preso parte al delitto, ma il gip ha convalidato l’arresto e ha emesso ordinanza di custodia cautelare in carcere per omicidio in concorso. Il 17enne, nelle ore successive alla morte di Di Pietro, è stato sottoposto al guanto di paraffina per accertare se in precedenza ci sia stata una manipolazione di armi.