L'associazione ambientalista ha analizzato una superficie pari a venti campi da calcio per capire che tipo di rifiuti si trovano in mezzo alla sabbia. In contemporanea con l'apertura delle spiagge libere due e tre di Catania, le notizie non sono positive per l'isola. L'arenile più sporco d'Italia è quello di Barcarello, nel capoluogo siciliano. Mediamente inquinata l'oasi del Simeto. La più pulita? L'area di San Giovanni, a Giardini Naxos. Guarda l'infografica
Spiagge, aperta la stagione balneare etnea Legambiente fa la conta dei rifiuti in Sicilia
Ce n’è anche una di Catania tra le 24 spiagge libere analizzate da Legambiente nella sua ultima indagine sulla beach litter, la spazzatura da bagnasciuga. E i risultati, sebbene siano meno peggiori nel capoluogo etneo che altrove, restano lontani dalla perfezione, nonostante oggi prenda il via, nei fatti, la stagione balneare catanese con l’apertura delle spiagge libere due e tre. In un’area di duemilacinquecento metri quadrati all’interno della riserva naturale dell’oasi del Simeto, gli ispettori dell’associazione ambientalista hanno trovato 177 oggetti di scarto. Il 77 per cento dei quali di plastica, poi metallo (10 per cento), vetro (8 per cento) e rifiuti sanitari, cioè preservativi e cotton fioc. Ma c’è chi ha fatto peggio: la più sporca d’Italia è la spiaggia di Barcarello, a Palermo. In un’area di settecento metri, sono stati trovati 1217 rifiuti, uno ogni 1,74 metri quadrati. Seguono le spiagge di golfo di Talamone e del porto di Scarlino in Toscana, e la spiaggia di Babbaluciara, ad Agrigento. Nei 1160 metri quadrati esaminati all’interno di quest’ultima, lo staff di Legambiente ha trovato 1361 rifiuti, uno ogni 1,17 metri quadrati. «In queste spiagge si legge nel report è possibile contare in media fino a quattro rifiuti nella sola superficie occupata da un ombrellone».
L’indagine ha monitorato complessivamente un’area di 130.040 metri, cioè circa venti campi da calcio. Tutto per capire se le direttive europee in proposito sono state rispettate. «L’ambiente marino dice la normativa comunitaria costituisce un patrimonio prezioso che deve essere protetto, salvaguardato e, ove possibile, ripristinato al fine ultimo di mantenere la biodiversità e preservare la diversità e la vitalità di mari e oceani che siano puliti, sani e produttivi». Tra gli elementi che, per l’Europa, contribuiranno al mantenimento di «un buono stato ecologico», uno prevede che «le proprietà e le quantità di rifiuti marini non provochino danni all’ambiente costiero e marino». Obiettivo che dovrà essere raggiunto entro il 2020.
Clicca sull’immagine per vedere l’infografica«Secondo diversi studi, circa il 70 per cento del marine litter affonda, e circa il 15 per cento resta in superficie», si legge in una nota diffusa da Legambiente. In altre parole, la spazzatura trovata dai volontari sulle coste nel corso di questi campionamenti è solo la punta di un iceberg fatto di bottiglie, tappi, coperchi, mozziconi di sigaretta, piatti e bicchieri di plastica e, perfino, mattonelle e pneumatici. «Servono azioni concrete di salvaguardia e sviluppo, con il coinvolgimento di tutti i soggetti interessati e dei territori», afferma Rossella Muroni, direttrice generale di Legambiente. E servirebbe anche la sensibilizzazione di chi col mare ci lavora: il 9 per cento degli oggetti plastici trovati nella sabbia sono reti, galleggianti, nasse, fili da pesca, «senza contare l’ingente quantitativo di frammenti di polistirolo, che potrebbero essere i resti di cassette per il pesce». Tutti elementi che, assieme alle buste di plastica, possono risultare letali per tartarughe marine, uccelli e mammiferi acquatici.
Alla maleducazione si aggiungono le colpe delle amministrazioni locali. «I rifiuti sanitari sono il segnale preoccupante dell’inefficienza dei sistemi depurativi dice ancora l’associazione Talvolta gli impianti di depurazione non riescono a filtrare neanche gli oggetti solidi di una certa grandezza. Il 79 per cento degli oggetti contati è stato registrato sulle spiagge distanti meno di un chilometro da una foce».
Tra i 24 arenili scelti a mo’ di campione, anche la spiaggia della Bandita nel Palermitano (1116 rifiuti, di cui il 69 per cento con dimensioni superiori ai 25 centimetri), la spiaggia della riserva del fiume Irminio a Ragusa (602 oggetti rinvenuti, di cui il 55 per cento più grandi di 25 centimetri e il 90 per cento di materiale plastico), la spiaggia di Morghella a Pachino nel Siracusano (1297 rifiuti estratti, di cui il 7 per cento in materiali da costruzione), la spiaggia di Spinazza a Noto (773 scarti, il 14 per cento in mozziconi di sigarette), la spiaggia di Montelungo a Gela (297 rifiuti, il 17 per cento di tipo sanitario). Tra le siciliane, l’area costiera più virtuosa è in provincia di Messina: nella spiaggia di San Giovanni, a Giardini Naxos, sono stati trovati solo 32 elementi di immondizia in 10mila metri quadrati analizzati.