La biblio-emeroteca urbana di piazza Federico di Svevia ospiterà dalle 12 alle 23 laboratori per bambini, proiezioni, installazioni, presentazioni, dibattiti, musica, con un unico obiettivo: la sensibilizzazione
25 novembre, al Gammazita si rievoca Franca Viola Domenica fra i libri per fermare violenza sulle donne
«Bisogna portare avanti un lavoro quotidiano di informazione civile che metta al centro il valore dell’identità di ogni persona, soprattutto con le nuove generazioni, per estirpare preconcetti, pregiudizi e forme di razzismo che poi sono la causa scatenante della violenza contro le donne e della violenza in generale». Ecco perché il programma dell’associazione culturale Gammazita per la Domenica del lettore e della lettrice del 25 novembre, giornata internazionale contro la violenza sulle donne, sono solo il culmine di un lavoro che gli attivisti svolgono quotidianamente sul territorio, attraverso le scuole e il centro polifunzionale Midulla, specialmente con i bambini. «La nostra battaglia non si può limitare solo a questa data», sottolinea la presidente dell’associazione Manola Micalizzi a nome di tutte le impegnate nella preparazione della domenica dedicata a donne, diritti e non violenza.
La biblio-emeroteca urbana di piazza Federico di Svevia ospiterà dalle 12 alle 23 laboratori per bambini, proiezioni, installazioni, presentazioni, dibattiti, musica, oltre a storie e letture accomunate dallo stesso obiettivo, l’eliminazione della violenza sulle donne. Alle 17.30 la presentazione del libro Viaggio nel paese degli stereotipi. Lettera a una venusiana sul sessismo, della professoressa Graziella Priulla accompagnata dalla giornalista Roberta Fuschi, mentre alle 19.30 verranno proiettati due video che documentano l’importanza di uno sportello d’ascolto e consulenza nelle scuole: Stop al femminicidio e Love me to live.
Ma è attorno alla storia della figura emblematica di Franca Viola che ruota la giornata. La prima ragazza che, ad appena 17 anni, ha trovato il coraggio di dire no al matrimonio riparatore, dopo essere stata violentata e messa incinta da un mafioso. Era la Sicilia degli anni Sessanta e ribellarsi era pericoloso per la propria incolumità e per quella dei propri cari, schieratisi dalla sua parte. «Franca Viola rappresenta una figura siciliana carica di significati che pochi conoscono e che ho deciso di raccontare in un testo perché ne ho apprezzato da subito la forza d’animo, visto che nella sua fragilità di ragazzina ha dato vita a un movimento rivoluzionario, al contrario di tante donne che restano intrappolate e non riescono a uscire da situazione che si trasformano in vortici», spiega la psicoterapeuta Sara Timpanaro, coordinatrice dell’intero evento. Alle 18.30 presenterà il suo lavoro interpretato da Francesca Aiesi della Compagnia teatrale Malerba.
«Quest’anno – continua Timpanaro – grazie agli attivisti di Gammazita sono entrata in contatto con lo sportello d’ascolto Pari Amore, gestito al Vaccarini dalla professoressa Pina Arena, un punto di partenza fondamentale rispetto al fatto che già dalla scuola si avverte la necessità di capire che significa violenza, in tutte le declinazioni possibili». Per lavoro la psicoterapeuta ha spesso a che fare con persone che hanno vissuto abusi, soprattutto in fase infantile. ««Si può essere violenti nei confronti dei bambini, tra pari, con l’altro sesso. Soprattutto nella fase adolescenziale i ragazzi passano un momento di grande confusione su chi sono e chi vorrebbero essere e laddove i genitori – spiega Timpanaro – non riescono a percepire questi micro cambiamenti, che però sono fondamentali, dovrebbe entrare in gioco l’istituzione scolastica. Anche perché la scuola è il luogo dove nascono le prime relazioni e dove gli insegnanti vedono i ragazzi crescere per cinque anni».
Occorre far capire alle persone che, quando si trovano in difficioltà, possono rivolgersi ad associazioni, scuole e persone. «Sensibilizzazione significa soprattutto riuscire a rendersi conto che una cosa c’è, esiste, ma ciò non vuole dire che va accettata, anzi bisogna parlarne il più possibile. Perché ciò che succede nelle donne, ma anche nei bambini e nei ragazzi, è che il senso di vergogna e di colpa che sentono le mette in difficoltà e impedisce loro di denunciare quel fatto».