Gli incidenti probatori durano quasi sei ore. Da dietro a un paravento in legno parlano le presunte vittime dell'arcangelo di quella che è stata ribattezzata la setta degli orrori. Qualche momento di tensione nei corridoi tra i parenti delle giovani e alcuni congiunti del 73enne. Nella prossima udienza spazio ad altre tre storie
12 apostoli, in aula le testimonianze di tre ragazze Capuana dietro le sbarre tra lamenti e rimproveri
Pantaloni blu e maglione chiaro. Pietro Capuana si trascina, il viso è decisamente smagrito e accanto a lui, per accompagnarlo in aula, ci sono quattro agenti della polizia penitenziaria. Sono questi gli ultimi istanti nel corridoio del palazzo di giustizia, prima di entrare e comparire davanti alla giudice. Da dietro le sbarre, per quasi sei ore, ascolta le accuse che tre ragazze, una delle quali ancora minorenne, gli muovono contro. Capuana, 73 anni, è stato al vertice dell’associazione cattolica Cultura e ambiente di Aci Bonaccorsi. La cosiddetta congrega degli orrori, almeno secondo la procura di Catania, in cui per anni si sarebbero alternate preghiere e abusi sessuali ai danni di numerose minorenni. Lui, Capuana, riconosciuto dagli adepti come «l’arcangelo», ha ascoltato in silenzio o quasi, lasciandosi andare in alcune circostanze a qualche mugugno, che gli è costato i richiami della giudice Anna Maria Cristaldi.
L’udienza si svolge a porte chiuse: le testimoni, con i loro racconti, forniscono un’anticipazione delle prove, nonostante non ci sia ancora un rinvio a giudizio e il conseguente processo. L’incidente probatorio si svolge in un quadro generale in cui le indagini sono ancora aperte, davanti alla magistrata Marisa Scavo e agli avvocati difensori. Tommaso Tamburino, per le tre parti offese presenti oggi, e i legali Mario Brancato e Giada Taccia per Capuana e le tre donne finite coinvolte nell’inchiesta e oggi presenti in aula: Rosaria Giuffrida, indicata dalle giovanissime come colei che predisponeva i turni settimanali, dalla durata di 24 ore, a casa dell’uomo; Fabiola Raciti, che secondo l’accusa era chiamata a convincere e rassicurare le adepte a «provare quella esperienza mistica» e Katia Scarpignato, vice di Raciti secondo l’organizzazione tratteggiata nei documenti dell’inchiesta.
Loro, le testimoni, si sono alternate in lunghi racconti. Storie di preghiere e presunti abusi con l’uomo che le avrebbe palpeggiate e le avrebbe avute, secondo l’accusa, a disposizione durante gli ormai noti turni. Ovvero le ore che le ragazze trascorrevano nelle case di Capuana, tra Motta Sant’Anastasia, Fondachello di Mascali e Bronte. La deposizione avviene da dietro un paravento in legno, posizionato vicino alla giudice. Nessuno può vedere chi parla, ma solo sentirla. Fuori ad attenderle ci sono i familiari, anche se le ragazze alla fine dell’incidente probatorio usciranno dal retro dell’aula. In attesa ci sono anche alcuni amici dell’arcangelo. Stanno per ore nei pressi dell’ingresso dell’aula e, quando la stanchezza prende il sopravvento, tra i due gruppi vola anche qualche parola di troppo. Qualcuno urla «pezzi di merda» e subito arrivano alcuni carabinieri per cercare di riportare la calma.
La prima pausa arriva dopo diverse ore, quando le lancette dell’orologio segnano le 14 inoltrate, e hanno già parlato due ragazze. L’ultima ora e mezza è dedicata alla terza testimonianza. Nella prossima udienza toccherà alle altre tre giovani che accusano l’uomo di abusi sessuali. Tra gli indagati ci sono anche l’ex assessore regionale Mimmo Rotella, il sacerdote Orazio Caputo e l’ex presidente dell’associazione cattolica Cultura e ambiente Salvatore Torrisi. Per loro l’ipotesi di reato è di favoreggiamento personale.