Legge elettorale, cosa sarebbe successo due mesi fa Tra sindaci differenti e consigli comunali più instabili

Legge anti-cinquestelle, passo verso la spending review, norma che semplifica la vita dei cittadini. Nonostante sia ancora un disegno di legge suscettibile di rettifiche, la riforma elettorale siciliana fa già discutere. Votata lunedì in commissione Affari istituzionali, il testo si appresta ad arrivare in Aula. Ed è proprio tra gli scranni di sala d’Ercole che si svilupperà il confronto tra i deputati che, nel fare le proprie valutazioni, terranno di certo in considerazione gli equilibri politici nei territori di provenienza. Questo perché, per quanto si dica che la legge elettorale sia materia da affrontare in maniera condivisa, è altrettanto chiaro come ogni gruppo politico ambisca a scegliere le regole più favorevoli al proprio gioco.

Tra le novità proposte,  sono due quelle su cui in queste ore si è maggiormente ragionato: l’abolizione dei ballottaggi e l’assegnazione del premio di maggioranza – invariato al 60 per cento dei seggi – alla coalizione che raggiunge al primo turno il 40 per cento dei voti validi. Verrebbe cancellato, dunque, il sistema degli apparentamenti che fino a oggi ha consentito al vincitore del secondo turno la sicurezza di godere di un’ampia maggioranza in consiglio, a meno che prima del voto il perdente non si fosse alleato con le altre liste escluse dal ballottaggio, riunendo attorno a sé il 50 per cento più uno delle preferenze tra quelle espresse al primo turno. Altre modifiche riguardano il ripristino dell’effetto trascinamento – basterà segnare la lista per far sì che il voto arrivi anche al candidato sindaco a essa collegata -, il passaggio del numero massimo di sindacature consecutive da due a tre, e l’introduzione del vincolo reciproco tra primo cittadino e consiglio comunale in modo tale che cessato l’uno decade automaticamente anche l’altro.

Ma se è presto per prevedere i futuri scenari derivanti dall’applicazione della riforma, ciò che si può fare è ragionare sul passato. Quello recente che ha visto le elezioni amministrative in 28 Comuni. A suscitare curiosità sono i nove in cui si è finiti al ballottaggio. Come sarebbe andata se le sfide si fossero dovute decidere già al primo turno?

Il quadro generale vedrebbe un misto di sorprese, conferme e parziali variazioni. A perdere di più, con l’abolizione del secondo turno, sarebbe senz’altro il sindaco di Lentini Saverio Bosco, costretto a cedere la fascia tricolore a Stefano Battiato. Bosco, infatti, al primo turno è arrivato secondo con il 23,3 per cento dei consensi, dietro a Battiato che chiudendo con il 27,6 si garantirebbe la vittoria. Il numero di voti ottenuti – lontano dal 40 per cento – impedirebbe però a Battiato di godere del premio di maggioranza, portando a una ripartizione dei seggi in consiglio tramite il sistema proporzionale. Stesso discorso per Noto, l’altro Comune siracusano andato al ballottaggio. Qui a essere sindaco, con la nuova legge, rimarrebbe Corrado Bonfanti, che però dovrebbe fare i conti con una composizione del consiglio più variegata. 

A vivere la situazione di Bonfanti sarebbero anche Ettore Di Ventura (Pd), Anna Alba (M5s) e Giovanni Moscato (liste civiche) rispettivamente neosindaci di Canicattì, Favara e Vittoria. Per tutti, infatti, nonostante la vittoria al primo turno garantirebbe il mantenimento della fascia, la vita in consiglio – senza il premio di maggioranza – sarebbe senz’altro più dura. Problemi che invece non sconvolgerebbero la neo-sindaca di Porto Empedocle, Ida Carmina (M5s), già costretta ad avere la minoranza in consiglio, dopo che a giugno lo sfidante al ballottaggio Orazio Guarraci (Pd), ha scelto di apparentarsi con una tra le liste escluse. 

Il discorso cambia ulteriormente a Caltagirone, Giarre e Alcamo. In questi tre Comuni, infatti, confrontando i dati delle amministrative con i dettami del ddl esitato dalla commissione Ars, vengono fuori scenari a loro modo particolari. A Caltagirone, per esempio, l’attuale sindaco Gino Ioppolo – vincitore al primo turno con il 38,9 per cento – manterrebbe comunque il premio di maggioranza poiché la sua coalizione è riuscita ad arrivare al 41,5 per cento dei voti validi. Scenario ancora più complesso a Giarre: se il neosindaco Angelo DAnna ha vinto il primo turno con il 37,1 per cento, la sfidante Tania Spitaleri a livello di coalizione ha raggiunto il 41,4 per cento. Percentuale importante che comporterebbe un calcolo di quanti siano stati i voti dati soltanto alle liste – e non anche ad altri candidati sindaco, tramite il voto disgiunto – da cui potrebbe venire fuori anche un ribaltamento del verdetto finale.

Ad Alcamo, infine, il sindaco anche con la nuova legge sarebbe il cinquestelle Domenico Surdi, capace di ottenere al primo turno ben il 48,1 per cento dei voti. Tuttavia, il dato relativo alla lista di riferimento – il simbolo del M5s è stato sbarrato dal 31,4 per cento – a rigor di legge impedirebbe al primo cittadino di ottenere la maggioranza assoluta in consiglio.


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