La saracinesca della sede, con le stelle cancellate, adesso è temporaneamente chiusa. Nei giorni precedenti, a Vittoria, all’interno del Movimento 5 stelle è stata guerra intestina. Le elezioni amministrative si terranno tra sette mesi, e per il Movimento si tratta di una ghiotta occasione. Vittoria è una città da sempre amministrata dalla sinistra, ma soprattutto è prossima a Gela – conquistata all’ultima tornata elettorale – e a Ragusa, amministrata dal 2013. Le tre città più grandi nell’arco di cento chilometri, insieme, costituirebbero un primo distretto a cinque stelle d’Italia.
All’interno del meet-up vittoriese hanno convissuto sino ad ora due anime, spesso in contrasto tra loro. Tra poche settimane in assemblea si sarebbe dovuto decidere il candidato sindaco e due donne, rappresentative delle due fazioni, avevano già avanzato la propria disponibilità. Nel frattempo, però, è scoppiato il caos. Il casus belli è stato una vicenda che ha avuto tra i protagonisti due influenti personaggi legati a doppio filo alla vicenda ipparina: Mario Michele Giarrusso, catanese e capogruppo in Senato dei pentastellati oltre che membro della commissione antimafia, e Paolo Borrometi, giornalista modicano de Laspia.it, già minacciato dalla mafia e sotto protezione dello Stato. Il cronista sottolinea di non fare parte del Movimento e di essere estraneo alla diatriba.
Un attivista vittoriese, Nicola Marchese, ha parlato, all’interno del gruppo privato su Facebook del M5s cittadino, di un ipotetico gruppo giornalistico pronto a indagare sulla «questione Borrometi-Giarrusso […] e la presunta falsificazione dei documenti per affidare una scorta a Borrometi», avanzando una richiesta di chiarimento ai portavoce. Richiesta alla quale si sono uniti anche altri due attivisti. Pochi giorni addietro il giornalista era stato minacciato sullo stesso social da Venerando Lauretta, vittoriese condannato in primo e secondo grado per mafia. Lauretta aveva ritrattato l’aggressione, sostenendo che sarebbe stato lo stesso Borrometi ad auto-minacciarsi dal suo account. Solo dopo la perquisizione degli uomini della polizia postale, Lauretta veniva denunciato.
La presunta richiesta di chiarimenti, però, è stata giudicata contenente «gravissime calunnie». Così, la risposta del senatore Giarrusso è stata la querela per diffamazione, congiunta con Borrometi, nei confronti dei tre attivisti. La vicenda, poi, è stata resa nota sul sito dello stesso giornalista. Uno degli attivisti denunciati, in passato già vittima di mafia, ha dichiarato la propria incomprensione in una lettera pubblica. «Il sottoscritto ha scoperto il vero volto del Movimento 5 Stelle a Vittoria», scrive l’attivista, assicurando chiarezza sulla vicenda e ammonendo: «La carriera e l’immagine da eroe antimafia di qualcuno non sarà accresciuta sulla mia pelle».
Ma non è finita qui. Pochi giorni dopo la pubblicazione del post incriminato, gli attivisti appartenenti alla fazione avversa dei querelati, hanno contattato privatamente diversi membri del Movimento ipparino, proponendo loro la sottoscrizione di un documento di espulsione per comportamento «lesivo e in aperto contrasto con gli indirizzi e l’etica del Movimento 5 stelle». La proposta non riguardava però solo i tre querelati. Venivano, infatti, coinvolti dieci attivisti dello stesso gruppo, tra cui spicca il nome di Irene Nicosia, una delle due donne disponibili alla candidatura.
L’imputazione non consiste solo nelle «gravi allusioni nei confronti di Paolo Borrometi e Mario Michele Giarrusso», ma anche in un’accusa di eresia. I dieci erano i firmatari di un documento interno, elaborato un anno prima, in seguito allo Sfiduciaday del 26 ottobre 2014. A Palermo, in quell’occasione, Beppe Grillo aveva arringato la piazza sostenendo la tesi di una «mafia corrotta dalla finanza […] che aveva una sua morale». Nello specifico, gli attivisti nel documento ritenevano «alla luce di quanto dichiarato da Grillo, (…) opportuno aprire un confronto costruttivo», ritenendo riprovevole «che si possa pensare ad una condotta morale della mafia». Una posizione polemica, in aperta contestazione del leader maximo del Movimento, ampiamente discussa lo scorso febbraio in un incontro a Comiso con i portavoce e gli altri meet-up iblei, e poi archiviata senza conseguenze.
La bomba a orologeria non era però stata disinnescata. Ciro Torre, uno dei tre querelati, in seguito alla sua espulsione decretata attraverso le firme raccolte durante la notte, sui social ha scritto: «Il mio disprezzo per voi che in un garage avete intentato un processo alle idee e alla libertà. Avete ricreato scene da dittatura argentina, (…) quali ferite avete riaperto nel mio cuore di uomo libero», riferendosi ad una drammatica vicenda personale, la scomparsa di un parente prossimo, desaparecido, durante il regime di Videla. Accuse rispedite prontamente al mittente. In una nota, i membri del meet-up che avevano promosso l’epurazione si difendono, commentando l’operazione come «un chiarimento delle posizioni di ognuno necessario e doveroso, seguito da un allontanamento dal M5s, che si fonda sulla trasparenza interna, ancor prima di quella esterna».
Ma le schermaglie tra gli epurati e gli ortodossi non finiscono ancora. Uno degli espulsi, protetto dall’anonimato considerato il clima inquisitorio, punta il dito contro le ingerenze esterne al meet-up ipparino. Sostiene la tesi di una volontà superiore, quella dei portavoce, nell‘imposizione del candidato sindaco. E di una macchinazione volta a eliminare uno dei due gruppi, che esprimeva una possibile candidatura poco gradita ai progetti del senatore Giarrusso. Accusa pesante nel partito del «uno vale uno».
A sostegno della tesi sarebbe anche la registrazione dell’ultima infuocata riunione, a cui hanno presenziato anche i deputati Vanessa Ferreri e Giancarlo Cancelleri. Il secondo, in apertura della riunione, annuncia ai grillini di essere «gli unici artefici del vostro destino» e aggiunge che «travisare un consiglio in un’imposizione è fuori luogo», salvo poi annunciare che, se il candidato sindaco a cinque stelle dovesse essere uno degli epurati, «io la campagna elettorale a Vittoria non la faccio». Posizione simile a quella espressa dalla Ferreri: «Se qua ci sono candidati che a me non piacciono, io la mia faccia non la metto».
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