Continuano fino all'11 settembre le prove d'ingresso ai corsi di studio dell'ateneo di Catania. Tra lunghe attese, impossibilità di andare al bagno e servizio di controllo in stile metronotte con walkie-talkie. Il racconto di Alberto Minnella, giornalista, fintosi aspirante studente dell'università etnea: «Mi sento un infiltrato, ma in realtà sono stato filtrato da uno stato che pensa a limitare, per mezzo di test assurdi e grotteschi, la quantità di laureati per diminuire in statistica i disoccupati»
Unict, un infiltrato tra le aspiranti matricole «I test di ammissione? Uno stupro»
Mi sento un infiltrato. I test si svolgono all’interno de Le Ciminiere di Catania. Un casino. Tanta pioggia. Una moltitudine infinita di gente a perdita d’occhio. Scorro i cartelli delle sezioni, ordinati per anno di nascita. ’92, ’90, ’89. Addirittura ’45. Becco la mia. Sezione F. Entro. Dopo mille procedure che vi spiegherò strada facendo, mi siedo e attendo il test. Dopo qualche ora (la mia pazienza era quasi in rosso) arriva il questionario. Attendo un’altra decina di minuti. Dopo che il sergente maggiore Hartman spiega la procedura standard per l’apertura della busta e la compilazione dei dati anagrafici, finalmente, leggo i quesiti. Una farsa bella e buona.
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Alberto Minnella
[Foto di LiFFu]